Trump stana Putin: l’ultima mano si gioca a Istanbul
Giovanni Sallusti · 13 Maggio 2025
Cari ascoltatori, oggi si registra che, nel dramma della guerra russo-ucraina, l’abbozzo di negoziato che è diventato possibile solo da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca (con Biden non se ne parlava neppure, il fronte era un pantano, una trincea da guerra novecentesca senza orizzonte), ha virato verso la partita di poker. Come abbiamo detto, con una metafora molto semplificatoria, per carattere e approccio Vladimir Putin è un notevole giocatore di scacchi (lo dice anche la sua biografia) e Trump un valente giocatore di poker: la sua storia imprenditoriale e politica dimostra la sua confidenza con le regole e le sparigliate di quel gioco molto americano.
Ebbene, ora il tavolo della guerra e della trattativa è diventato chiaramente una partita di poker, con rilanci e controrilanci, bluff, cambi di direzione. Riepiloghiamo: Volodymyr Zelensky ventila una volta di più l’ipotesi di un cessate il fuoco per aprire la fase negoziale; Putin risponde che un cessate il fuoco senza un’agenda chiara non gli interessa, ma impostare una trattativa per una pace duratura sì; il sultano della Turchia Erdogan, che è astutissimo, offre Istanbul come sede del negoziato; interviene subito Trump che stana Zelensky “consigliando” di accettare immediatamente; Zelensky, che dopo il noto scontro alla Casa Bianca e lo storico faccia a faccia in Vaticano è entrato del tutto nello schema Trump, rilancia e dichiara che andrà a Istanbul di persona e che spera di incontrare Putin, rovesciando così la strategia impostata da Mosca, perché si impossessa delle sue istanze: pace duratura? Va bene, allora vieni qui.
A questo punto Putin torna a giocare a scacchi, lascia filtrare che la sua presenza non è affatto certa, manda avanti il suo portavoce Dmitrj Peskov a tuonare che non si possono dare ultimatum alla Russia. Ma l’ultimatum non c’è, perché Zelesnky ha detto sì all’ordine del giorno di Putin; e Trump, per evitare una partita infinita e rimanere su un tavolo da poker, dichiara che a Istanbul potrebbe esserci anche lui. È l’ultima mano della partita, è l’ultima chiamata ed è ora di andare a vedere le carte, lo ha detto anche nel suo ultimo post: Putin deve impegnarsi di più per risolvere questa guerra piuttosto che spendere tutte le energie a celebrare la Seconda guerra mondiale. Anche perché le carte di Trump sono assai migliori sotto ogni profilo, militare, tecnologico, di soft power, di capacità di proiezione globale.
In questo grande gioco si è visto Erdogan reattivo e veloce, Zelensky allineato, e l’Europa inesistente e priva di carte, a parte il pellegrinaggio autoreferenziale cui la nostra premier Giorgia Meloni ha fatto bene a tenersi alla larga. Anche la deterrenza militare che la Ue pretende di poter assicurare è inverosimile, perché la Nato senza gli Usa non può reggere il confronto con la Russia. L’Europa non ha proprio nessun ruolo.
Ora il rischio è che la Russia non si presenti a Istanbul, e qui ci troveremmo davanti a una terra incognita, perché significherebbe che il bluff di Putin è stato scoperto, che Mosca vuole giocare a scacchi all’infinito, cioè continuare nel macello di migliaia di vite umane. E Trump sarebbe obbligato a dar seguito alle pressione esercitata finora, a dar corpo alle sue minacce. Speriamo non accada, speriamo nella lucidità strategica dello zar, e di vederlo a Istanbul.