Emanuele Orsini: sì al nucleare, ci serve energia, non ideologia
Giovanni Sallusti · 12 Aprile 2025
Edizione “speciale” di “Parlando liberaMente”, l’intervista settimanale con i protagonisti dell’attualità, della politica, del giornalismo: riproponiamo l’intervista di Giovanni Sallusti al presidente di Confindustria Emanuele Orsini durante il Congresso federale della Lega: vengono toccati molti dei temi fondamentali dei nostri tempi, lo snodo geopolitico, quello energetico in cui Orsini rilancia la necessità del nucleare, lo snodo economico. Una radiografia dello stato delle nostre imprese e delle loro prospettive.
“I dazi? Per un Paese come il nostro, che fa 626 miliardi di euro in esportazioni, quarto Paese al mondo, il grande lavoro che stiamo facendo con gli Stati Uniti è importante: solo a loro esportiamo per 65 miliardi e abbiamo un saldo positivo di 42 miliardi. Dialogare è indispensabile, serve che i Paesi europei negozino tutti assieme con gli Stati Uniti, e chi ha rapporti li deve poter usare. Noi esportiamo il 52% del nostro prodotto in Europa: ma se la Germania va male anche noi abbiamo un problema, perché i nostri imprenditori costruiscono pezzi per la Germania, come per la Francia”.
“Oggi il saldo tra Europa e Stati Uniti, considerando non solo i prodotti e i beni, ma anche il big tech, è circa di 50 miliardi. Si può negoziare sul big tech, sull’acquisto del gas, anche se siamo consapevoli che il gas liquido costa di più; ma non dobbiamo scordare anche che l’80% della difesa europea la compriamo negli Stati Uniti. Vogliamo e dobbiamo crescere, abbiano aziende che possono fare molto, quel che va evitato è il panico”.
“Green deal? Chi fa impresa non toglie per ideologia dal proprio listino prezzi il suo primo prodotto. Penso all’automobile: se avessimo continuato a fare quello che dovevamo fare, cioè utilizzare la neutralità tecnologica e non l’ideologia, avremmo assunto 800mila persone più in Europa, invece ora corriamo il rischio di perderne 70mila in Italia. In nome di che cosa? E badate che io non sono contro l’auto elettrica. L’Italia ha un problema enorme di costo dell’energia e di connessioni, ma che senso ha spingere su una tecnologia che in Europa non abbiamo, che viene prodotta dai cinesi, quando la Cina per produrre batterie ha aperto 100 centrali a carbone in più? Il cielo non è diviso… ma intanto così stiamo eliminando la nostra impresa. Poi c’è il capitolo della burocrazia europea: noi oggi dobbiamo fare una cosa semplice, dobbiamo fermarla. Non c’è più tempo, abbiamo emesso 13mila norme in cinque anni, dove gli Stati Uniti ne hanno fatte 3.500: in Europa facciamo la norma per la norma”.
“Il Pnrr è stato pensato all’apice dell’ideologia anti-industriale: ha dato dei soldi, una parte a fondo perduto e una parte a debito. Almeno la parte a debito, oggi che abbiamo una guerra economica in corso, la possiamo utilizzare per salvare le imprese. Gli spagnoli hanno attuato un piano da 15 miliardi, la Germania ha messo 500 miliardi sull’industria con al centro le infrastrutture. Oggi noi siamo al 19° posto in Europa per logistica, la Germania è al quarto posto, e questo è un tema di mancata produttività. Dobbiamo investire di più, dobbiamo avere gli strumenti, automatismi non legati a lacci e lacciuoli, l’industria 5.0 non ha funzionato. Servono misure che incentivino la fiducia, perché se manca la fiducia non si investe: è come chiedere a un cassintegrato di comprare una macchina nuova, non lo fa. Non dobbiamo avere paura, ma un piano strategico, decidere che cosa vogliono fare l’Italia e l’Europa sul tema delle imprese”.
“Noi dobbiamo dialogare con tutti, perché i prodotti li vendiamo a tutti, ma con gli Stati Uniti c’è una partnership da molto tempo: e abbiamo un saldo positivo, esportiamo agli Stati Uniti 65 miliardi, mentre loro ce ne esportano 25. Con la Cina è il contrario: possiamo dialogarci, però c’è un tema di reciprocità e anche di responsabilità sociale nei prodotti che vengono fatti che è fondamentale”.
“Il costo dell’energia, conti del 2024: l’Italia la paga 108 euro a megavattore, la Germania 78, la Spagna 63, la Francia 58, quindi vuol dire che la Germania è a -38%, la Spagna a -72%, la Francia a -87%. Noi abbiamo il problema di convincere gli altri a venire a investire in Italia, e chi è qui a rimanere e non fare delocalizzazione all’estero. L’energia è il tema dei temi per la competitività dell’impresa: e io dico certamente sì al nucleare. Ma va fatto subito, ci vuole coraggio e non può esserci un problema politico, perché si tratta di salvaguardare l’Italia. Non si può pensare che ci sia qualcuno contro, perché oggi è l’unica via per salvare l’industria italiana e per mettere al centro i lavoratori, industria e lavoratori sono la stessa cosa. E l’energia è il problema”.
“Il rapporto tra noi e la politica? Noi non facciamo politica, il nostro mestiere è capire quali sono le esigenze, fare sintesi e cercare di dire alla politica quali sono le vie maestre. Non possiamo correrci dietro sulle leggi di bilancio: non sto dando colpe, però un piano strategico su dove vuole andare questo Paese è fondamentale. Per capire dove puntare, quali sono le imprese da aiutare e salvaguardare, perché noi abbiamo delle eccellenze che non possiamo perdere e devono essere protette; abbiamo quelli che vengono da settori maturi che dobbiamo aiutare a trasformarsi e a valorizzarsi sul mercato estero. In un momento come questo non si può più parlare di Mercosur sì o no, va fatto domattina. E poi i nuovi mercati, come l’India, perché i nostri prodotti sono apprezzati ovunque. La nostra necessità è fare sintesi e portare queste istanze a chi fa politica”.