Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Il primo sudamericano. Il primo Gesuita. Il primo a chiamarsi Francesco, e chissà se gli seguirà un Francesco II. Ma anche il primo a mettere in discussione – agli occhi dei conservatori e del popolo delle parrocchie – la figura di Dio, indicato come “non cattolico”, il forte avvicinamento e dialogo con l’Islam, l’attenzione continua a favore di accoglienza e migranti in una critica per nulla dolce nei confronti dell’Occidente, specie in tempi di trumpismo. La morte di Papa Francesco completa il processo di desacralizzazione della figura papale che le clamorose dimissioni di Benedetto XVI aveva avviato: il Papa è un uomo, oltre che Vicario di Cristo, e con Francesco l’umano ha preso il sopravvento sul divino.
Sono lontani i tempi in cui, non riuscendo a prendere sonno, il Papa venuto da Sotto il Monte, Giovanni XXIII, si chiedeva: “Chi governa la Chiesa, tu o lo Spirito Santo? E allora, Angelo, va’ a dormire”. La Chiesa di Jorge Mario Bergoglio da Buenos Aires, un padre ragioniere da Portacomaro in provincia di Asti e una madre genovese, è una chiesa più gesuita che di Gesù. Gesuita nel discernere, nell’indicare, nell’abbozzare. E poi? E poi devi discernere tu, lasciarti guidare: perché non benedire le coppie dello stesso sesso? Ma certo: dieci secondi bastano. Un Dio che non è cattolico, la critica ai “cristiani di pasticceria”, quelli cioè che vanno in chiesa ma poi non applicano quello che dovrebbero applicare, l’accoglienza indiscriminata sia pure ricordando che il Catechismo dà agli Stati il diritto di regolare l’immigrazione (ma ricordandolo a denti stretti, un po’ come la modifica al Catechismo con la pena di morte: sì, è lecita ma siccome i tempi sono cambiati allora non lo è più).
Un Papato che è stato sotto il segno dell’accentramento, dell’uomo solo al comando per volontà divina e da lì, per li rami, giù verso tutta la Barca di Pietro e il gregge a lui affidato; insofferente ...
La domanda se sia ragionevole, oppure no, aprirsi sempre più al mercato cinese non ha una risposta semplice. Se da un lato è vero che il libero scambio ha un valore in sé, favorisce tutti i partecipanti e allontana ogni ipotesi di guerra, le cose possono essere diverse dinanzi a quell’inferno delle libertà che è l’odierna Cina comunista. Può quindi forse essere opportuno avere migliori relazioni commerciali con Pechino, ma ben sapendo che si tratta di una società basata sulla rapina di Stato, sull’ingiustizia eretta a sistema e anche su un progetto politico-militare egemonico che dovrebbe spaventarci.
Nel chiacchiericcio europeo di queste settimane, invece, sembra talora che la Cina sia l’ancora della libertà di fronte al preteso autoritarismo americano. Mentre gli alfieri delle banalità à la page continuano a raffigurare Donald Trump come una seria minaccia al genere umano, nessuno chiama mai in causa Xi Jinping, che divenne segretario del partito comunista cinese nel 2012 e ancora oggi è il “padre padrone” di un miliardo e mezzo di persone.
In verità, i post-marxisti woke dell’Europa declinante possono solo detestare l’America di oggi e non deve sorprendere che essi sentano pure una certa affinità con gli eredi di Mao. Gli scambi commerciali sono dunque soltanto un pretesto, perché è ovvio che se l’Europa accettasse di cancellare le proprie barriere (la disastrosa politica agricola europea e quella montagna di regole e regolette che è stata generata dalle direttive di Bruxelles) l’America farebbe lo stesso: in breve, avremmo un libero mercato atlantico. Si può discutere sui modi alquanto rozzi adottati da Trump, ma la sostanza sembra piuttosto chiara: gli Usa vogliono negoziare l’abbattimento delle barriere su un piano di reciprocità.
I problemi allora sono due.
Le classi dirigenti francesi, tedesche e italiane nutrono non soltanto una profonda antipatia per gli Usa trumpiani (per Musk, Robert Kennedy jr ecc.) e una spiccata simpatia per questi maoisti cinesi reinventatisi imprenditori di Stato (un po’ come ...