La sentenza non cambia la realtà: ha ragione Marine
Giovanni Sallusti · 1 Aprile 2025
Cari ascoltatori, oggi Repubblica è in estasi per la condanna e soprattutto per la conseguente non eleggibilità di Marine Le Pen che le inibisce la corsa per le prossime presidenziali per le quali sarebbe partita decisamente favorita. Titolo: “Le Pen, fine della corsa”.
I colleghi di Repubblica vanno in fregola ogni volta che un avversario politico, tra le mura domestiche o fuori, viene scalzato tramite un’iniziativa di un tribunale, fin dai tempi dell’assedio giudiziario a Berlusconi, di cui furono il bollettino ufficiale: “Condannata a quattro anni per appropriazione indebita di fondi Ue e ineleggibile per l’Eliseo. Solidarietà da Putin e sovranisti”. Notate anche lo strano miscuglio di Putin e sovranisti, mentre in realtà Putin è un imperialista fra zar e soviet, che la sovranità delle nazioni, come è noto, la calpesta. Insomma, a Repubblica tutto fa brodo, i nemici vanno tutti nella stessa pentola.
Ora, vorremmo dire al direttore e ai colleghi entusiasti di Repubblica che non è finito un bel niente, perché non è finita la corsa della storia: non è che stamattina per sentenza siano cessate le emergenze della contemporaneità rispetto alle quali Marine incarna una reazione, in linea con l’impalcatura culturale delle destre e con una punta specifica francese. Marine infatti rappresenta il rifiuto dell’assorbimento, del miscuglio di civiltà, il rifiuto di quello che Papa Benedetto XVI chiamava “dittatura del relativismo”. Marine afferma il rifiuto della civiltà occidentale europea di proclamare il proprio scioglimento.
Questo è un tema che riguarda da vicino anche noi, basta guardare la cronaca, fino al ramadan festeggiato nelle chiese cattoliche, per vedere che il rischio di sottomissione culturale è reale, anche perché la cultura islamica non riconosce la distinzione tra confessione e dimensione pubblica. Marine incarna il “no” a tutto questo, perché non si può non vedere, piacciano o no la Le Pen e il suo partito, che i tradizionali valori della Republique, la laicità, la razionalità, l’opposizione all’oscurantismo con il lume della ragione, sono incarnati da Rassemblement National; mentre tutti gli altri partiti chiudono gli occhi di fronte al rischio esistenziale di islamizzazione dell’Europa, già in atto nelle periferie francesi dove vige la sharia. Uno schiaffo ai grandi filosofi francesi da Voltaire in poi, alla letteratura, alla civiltà occidentale.
La battaglia politica di Marine è questa: siete voi, cari colleghi di Repubblica e del mondo progressista in generale, a essere in ritardo sulla storia, mentre vi baloccate con l’inclusione e il multiculturalismo, (per ora) ben al riparo nelle vostre redazioni.
Prendiamo per esempio l’analisi di Annalisa Cuzzocrea, pensosa firma di Repubblica: “Chi si propone di distruggere la democrazia, per prima cosa cerca di abbattere ciò che la protegge: il limite. Non è un paradosso, non è una contraddizione: le democrazie liberali si fondano sull’equilibrio dei poteri e quindi sull’impossibilità — per uno dei tre poteri, che sia esecutivo, legislativo o giudiziario — di farsi assoluto”. Ha perfettamente ragione: solo che il vero potere che infrange il limite e attenta al cuore della democrazia è il potere giudiziario, e Repubblica ancora una volta non lo vede, anzi lo cavalca perché le fa gioco contro i nemici politici.
Rassegnatevi anime belle, la corsa non è finita, la storia non è finita: anche stamattina ha ragione Marine.