Il ramadan in chiesa a Bruxelles: è sottomissione
Giovanni Sallusti · 28 Marzo 2025
Cari ascoltatori, mentre a Parigi si riunisce il club dei cosiddetti volenterosi con l’idea balzana di far passare l’Europa scollegata dall’America come baluardo valoriale e militare dell’Occidente, la premier Meloni ha rappresentato la posizione più saggia, condivisa da tutto il governo: sempre al fianco delle nazioni sovrane violate nella loro sovranità, ma non con truppe sul terreno e non in contrasto con l’iniziativa diplomatica americana. Con buona pace dei soloni che dicevano che il governo era in bambola e non aveva una posizione unitaria.
Ma il fatto che colpisce stamane è che mentre a Parigi andava in scena il tentativo pseudo-bonapartista di Emmanuel Macron, a Bruxelles, capitale dell’Europa baluardo dell’Occidente, più precisamente a Molenbeek, succedeva una cosa. Come tutti sanno, Molenbeek è il quartiere tristemente famoso come incubatore della radicalizzazione e del terrorismo: la presenza islamica è massiccia e dominante, circa il 40% della popolazione, ed è fuori dal controllo del governo. Da Molenbeek veniva il commando che ha compiuto l’orrendo attacco al Bataclan di Parigi, da lì venivano gli assassini di Al Qaeda che andarono in Afghanistan a ammazzare Ahmad Massoud, grande comandante resistente contro i fondamentalisti islamici, due giorni prima dell’11 settembre.
Ebbene, nella chiesa cattolica di San Giovanni Battista, a Molenbeek, si è festeggiato l’iftar, la celebrazione del pasto che interrompe il digiuno dopo il ramadan, con circa 500 fedeli musulmani. La genialata è un’iniziativa dell’organizzazione “Molenbeek for Bruxelles 2030”, il comitato che sostiene la candidatura di Molenbeek a capitale della cultura, cioè, presumiamo, capitale della sharia.
L’associazione, presentando quest’idea, ha sottolineato come “al di là delle convinzioni e delle origini culturali e sociali, ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide”, un auspicio generico “multiculti” più che una lucida analisi della realtà. Non sappiamo se con buona parte della comunità musulmana di Molenbeek, ci unisce l’idea della dignità intrinseca di ogni persona e della sua inviolabilità, della sacralità della vita umana, della parità esistenziale e giuridica tra uomo e donna, della separazione netta tra peccato e reato, tra Stato e confessione religiosa. La cronaca e la storia recente sembrano andare in direzione opposta.
Prendiamo l’esempio della domanda che si fa la rivista belga Tribuna Cristiana: “La chiesa non sta forse compromettendo se stessa in una sorta di ingenuità interreligiosa che, sotto l’apparenza dell’inclusività, rischia di perdere la sua anima e la sua stessa vocazione?”. Una chiesa della capitale europea in cui si celebra la fine del ramadan tra canti islamici e preghiere ad Allah, sembra l’abbia già persa: è una scena che supera anche “Sottomissione” di Michel Houllebecq.
La sottomissione è già in atto nei luoghi simbolicamente più rilevanti dell’Europa, quelli della cristianità prima che del Cristianesimo, perché l’Europa per secoli è stata cristianità in senso culturale prima che confessionale. Scene come queste rappresentano l’abdicazione dell’identità europea, una resa simbolica, una disfatta culturale: e dovrebbe essere, nelle intenzioni dei volonterosi e dei loro aedi, il baluardo dell’Occidente?
Ma che Occidente è quello in cui si celebra l’iftar nelle chiese cattoliche e nel frattempo si pretende di dare lezioni agli americani perché hanno la bizzarra idea di stringere una pace in Europa? Cominciamo a guardare a noi stessi, a quel poco che ne rimane, e a salvarlo prima che diventi niente.