Capezzone: Il Pd con Ventotene come i mullah con il Corano
Giovanni Sallusti · 22 Marzo 2025
A “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti dell’attualità, della politica, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute con il direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone delle ultime follie della sinistra, dalle manifestazioni pagate dai contribuenti alle euro-isterie sul Manifesto di Ventotene, alle contraddizioni del ReArm Europe.
“Benigni è furbissimo, una volpe: da gran trasgressore è diventato sommo sacerdote, da bestemmiatore è diventato cardinalone, da uomo di rottura è diventato un maestrino del politicamente corretto, il cocco del Quirinale, il cocco del Vaticano. C’è da celebrare la Costituzione? C’è da celebrare l’Europa?
Chiamate Benigni. Gli altri, i partiti, hanno perso ogni ambizione di primato in politica, di dettare la linea e così se la fanno dettare: ieri da Michele Serra, oggi da Benigni, domani chissà. C’è anche qualcosa di freudiano: è come se la partita elettorale sapessero di non poterla vincere né in Italia, né negli Stati Uniti, né altrove. E allora che cosa resta? Giusto una specie di consolazione artistico-culturale”.
“Se una manifestazione come Una piazza per l’Europa fosse stata promossa dal centrodestra, avremmo visto scatenarsi la Corte dei Conti, le Procure all’assalto… ma ci prendono in giro: si sapeva che avrebbe pagato il Comune di Roma, perché non l’hanno detto, se era tutto così normale come sostengono? Hanno fatto due settimane di battage promozionale, adesioni, radio, televisioni, giornali… E in un’amministrazione pubblica come quella di Roma tutto ha funzionato come un orologio svizzero, smentendo la vulgata! Poi han detto che era un’iniziativa culturale: ma chi l’ha convocata è di sinistra, chi l’ha organizzata, i relatori, i leader, il pubblico, tutto di sinistra… Dopo di che è stato tutto un fuggi fuggi dalle responsabilità, a partire da Serra”.
“Ma pensate: poniamo che io sia un cittadino con disabilità in un quartiere di Roma o di Bologna o di Firenze, alle prese da mesi con il tentativo di far correggere una barriera architettonica. Mesi per spianare uno scalino, eliminare una scala. Mi trovo davanti questi che, per le manifestazioni in cui devono fare la loro passeggiatina chic, decidono tutto in due settimane belli tranquilli”.
“Ma veramente pensano di generare un’emozione nelle persone parlando di Europa, di Ventotene? Se io sono un cittadino che ha problemi con la ‘quarta settimana’ perché lo stipendio non mi basta, o che vive in una periferia con tutta la pressione dell’immigrazione illegale, o che in metro, fuori dalla metro, mentre infila la chiave nella serratura del condominio ha paura, tu a queste mie preoccupazioni rispondi parlandomi di Ventotene? Ho l’impressione che ormai la dimensione-Ztl sia diventata mentale, spirituale: hanno una loro agenda scicchissima, elegantissima, di gente che non ha problemi: è una specie di centro storico mentale”.
“La reazione della sinistra che si è vista nell’aula della Camera ce l’hanno solo alcuni mullah nei Paesi radicalizzati: se un eretico o qualcuno che si ritiene un profanatore osa mettere in discussione un versetto del Corano, qualcuno con il turbante si irrita in questo modo”.
“Quel documento orribile, Il Manifesto di Ventotene, un documento da rivoluzionari socialisti, è una cosa diversa perfino da quello che Ernesto Rossi sarebbe divenuto negli anni ’50, un liberale, un liberista. Quindi secondo me vale la pena sul lato destro rendere omaggio a quelle tre figure e con la stessa nettezza dire che quel documento è impresentabile, non è modello di niente se non di una direzione sbagliata, di un superstato europeo, con uno spirito giacobino per cui c’è un’élite, un’avanguardia illuminata che pretende di guidare il popolo, o addirittura di insegnare al popolo qual è il bene del popolo”.
“Nessuno parla delle frizioni che ci furono non tra i tre autori del manifesto, ma tra i confinati a Ventotene, tra quelli più stalinisti e quelli di spirito più liberale: quando a un certo punto venne fuori Il patto Ribbentrop-Molotov, che sarebbe saltato ma era un’intesa molto strutturata, i filostalinisti italiani difesero quell’accordo, mentre gli antifascisti non stalinisti lo trovavano repellente”.
“C’è un’intervista su Repubblica a uno storico che è stato anche consulente di Benigni nella stesura del suo monologo. Alla domanda se avesse aggiustato il testo fino alla fine, lo storico ha risposto certo, è chiaro, se è ispirato alla cronaca fino all’ultimo Il testo di uno spettacolo rimane aperto. Nella famosa Telemeloni, il presidente del consiglio parla alle 10 di mattina e nel pomeriggio il super comico sulla rete ammiraglia aggiusta il tiro per meglio scagliare un siluro contro il governo, adattando i contro-argomenti alla relazione in aula”.
“Il voto negli Usa del il 6 novembre è stato una gigantesca reazione, il respingimento di una cultura che ci aveva ammorbato per dieci anni. Io pensavo che anche a sinistra avrebbero tratto delle conseguenze, vedere come rimettere le cose a posto, rivedere le priorità, avere delle proposte corrispondenti alla nostra cultura, insomma resettare. E invece no: da questo lato dell’oceano niente, si procede come se nulla fosse accaduto, come se Kamala avesse vinto”.
“Sulla difesa europea i nemici della Nato stanno già ragionando come se l’America non ci fosse. Ma ci conviene? No, conviene a un solo soggetto, la Cina, e a chiunque, consapevolmente o meno, desideri un’Europa terza, cioè più catturabile dalla strategia cinese: chi vuole staccare l’Europa dagli Stati Uniti pensa a Pechino. Ma anche sul piano razionale, dove crediamo di andare senza l’ombrello militare Nato? Abbiamo zero satelliti, pochi missili, poche munizioni, non abbiamo l’equivalente dell’israeliano Iron Dome. Certo che occorre un maggiore investimento nella difesa: ma non con gli 800 miliardi, non con il metodo di Ursula, non con la centralità di Parigi e di Berlino. Sì invece, in misura minore ma più razionale, sì sul piano nazionale e, sì, collegata all’ombrello Nato”.