La storia telefona. E il centrodestra c’è
Giovanni Sallusti · 18 Marzo 2025
Cari ascoltatori, la storia telefona e il centrodestra c’è. Mentre parliamo si è appena conclusa la telefonata tra il presidente americano Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin. I due leader hanno comunicato l’esito positivo del colloquio: è stato dato l’avvio a un processo che dovrebbe portare alla pace, cominciando con un cessate il fuoco su energia e infrastrutture e proseguendo con l’avvio di negoziati più ampi in Medio Oriente. Putin e Trump hanno anche concordato sul fatto che l’Iran non debba essere mai in condizione di poter distruggere Israele e sugli enormi vantaggi di una buona relazione fra Stati Uniti e Russia. Dunque, siamo in pieno schema trumpiano, cioè nel lavoro negoziale per chiudere la guerra in Ucraina, eppure di fronte a questi fatti positivi ci sono molti governi europei, alcuni importanti, totalmente disallineati da questo schema.
Primo fra questi il Bonaparte inverosimile Emmanuel Macron, che cerca di sembrare il leader militare del continente, senza alcuna legittimazione, e di porsi come puparo di Zelensky, di trascinare lo schema precedente di contrapposizione militare. Il governo tedesco, come abbiamo detto anche stamattina, con degli accorgimenti abbastanza irrituali rispetto alla prassi democratica tedesca, sta mirando a un riarmo della Germania, che non è mai una buonissima notizia se ricordiamo la storia del Novecento. Molti importanti governi europei sono ancora concentrati su una retorica avversa all’America di Trump.
Ebbene, in mezzo questo disallineamento del Vecchio continente rispetto all’iniziativa Usa, oggi la premier italiana Giorgia Meloni ha comunicato in aula la posizione del governo per l’imminente Consiglio europeo. La sostanza è che il governo italiano è inserito nello spirito del tempo, nello schema trumpiano di ricerca della pace. Ne consegue che la fantomatica divisione lacerante del centrodestra pronosticata da analistoni e da espertoni, non esiste.
I punti chiave: sul fantomatico piano ReArm Europe, la premier ha detto che non si tratta banalmente di acquistare armamenti, né di acquistarli da Paesi stranieri, ma semmai di produrli: è politicamente lucido mirare a irrobustire la difesa degli Stati nazionali, producendo anche internamente non solo armamenti ma tecnologia, con un occhio alla cyber sicurezza. Un punto chiave è che l’Italia, come ha fatto notare da giorni il ministro Matteo Salvini, ha in questi settori aziende di eccellenza. Il secondo punto è che Meloni ha rivendicato il sostegno al popolo ucraino, mai venuto meno da parte di nessun partito del governo, dicendo che “è lo stallo sul campo che oggi può portare ai negoziati della pace. Dunque salutiamo positivamente questa fase e sosteniamo lo sforzo avviato dal presidente Trump”. E ha aggiunto che “è ingenuo e in alcuna misura folle pensare che l’Europa possa fare da sola”. Insomma, l’Occidente esiste se rimane unito e se la sponda europea dell’Atlantico non va in rotta di collisione con la sponda americana. Sembra una banalità, invece il nostro è pressoché l’unico governo europeo importante a dichiararlo, e nel giorno della telefonata è doppiamente una notizia.
La premier ha poi detto che l’ipotesi di inviare soldati in Ucraina non è mai stata all’ordine del giorno, perché fa parte del vecchio schema, quello in cui sono intrappolati Macron e il premier inglese Kier Starmer: un punto di vista condiviso con i partiti di governo, Lega in primis, così come quando ha spiegato che, qualunque forma prenda, il piano nazionale europeo di difesa non intaccherà i fondi di coesione. Altro che la liquefazione del centrodestra che i dotti pronosticavano, confondendo i propri auspici con la realtà. Oggi il governo italiano, il centrodestra italiano nella sua interezza, si è dimostrato all’altezza di quella telefonata, della storia che si sta facendo in diretta.