Scampagnata per l’Europa: fatta. Ora facciamo politica
Giovanni Sallusti · 17 Marzo 2025
Cari ascoltatori, in questi giorni stiamo assistendo a due scene contrapposte che sintetizzano un po’ lo stato del dibattito nazionale: la scampagnata e la politica. La scampagnata è il ritrovo radical-pseudocolto frutto dell’”effetto Serra”, convocato dall’editorialista di Repubblica, che ha radunato le anime belle in piazza per l’Europa: si sono visti Roberto Vecchioni, che ha sentenziato “L’Unione europea è casa mia” – e pensare che è lo stesso che ha scritto “Luci a San Siro” – Jovanotti, l’onnipresente Antonio Scurati accompagnato dallo spettro del fascismo che garantisce sempre un buon fatturato, e il nume tutelare Corrado Augias, tutti aggrappati al moloch dell’euroburocrazia come se fosse un valore. Insomma, gente che parla da un’altra epoca e pretende di dare lezioni alla nostra.
Poi c’è la politica, con i suoi momenti importanti, come sarà il discorso con cui domani la premier Giorgia Meloni presenterà la posizione italiana in vista del Consiglio europeo di giovedì prossimo. La piazza mainstream ha fatto uscire le solite indiscrezioni farlocche del centrodestra lacerato e allo sbando, diviso da posizioni inconciliabili: e invece, per quanto si è saputo, dal discorso della Meloni emergerà la posizione di una coalizione compatta, unita da principi comuni e che indica una direzione precisa.
Cosa che non si può dire per quel che si è visto in piazza sotto le insegne di Repubblica (i rapporti si sono invertiti, ora è il Pd che va a rimorchio del giornale): non è emersa una visione comune, né una piattaforma programmatica, ma per forza, c’era di tutto, filo ucraini, filo russi, tipo assemblea del liceo con la capoclasse Elly Schlein. E infatti il gran visir Michele Serra, spalleggiato dal suo sparring partner Claudio Bisio, ha chiuso la manifestazione con una parola d’ordine non fortunatissima: “Non perdiamoci di vista”, la stessa che usò Nanni Moretti nel 2002, quando lanciò la brevissima stagione dei girotondi.
Il significato è lo stesso di allora, ma sempre più scollato dalla realtà: facciamo altri aperitivi insieme. E infatti, dopo aver sentenziato che la loro è una piazza che sa ascoltare (sottintendendo che quella dei puzzoni sovanisti invece no), ha aggiunto: ora dobbiamo unirci sui valori e discutere sul da farsi. Cioè escono uguali a come sono entrati, senza aver fatto un passo avanti: non solo non hanno una ricetta alternativa a quella dei bavosi reazionari, ma neppure hanno cominciato a discutere di una posizione, di un minimo comune denominatore valoriale.
Dall’altra parte ci sono le dichiarazioni, condivise da tutto il centrodestra, che domani arriveranno in aula da parte della presidente del Consiglio: secondo le prime indiscrezioni Giorgia Meloni spiegherà che l’Italia è pronta a fare un salto di qualità sui suoi sistemi di difesa, per rafforzare la propria sicurezza interna e esterna; e che verranno anche premiate le aziende italiane del settore, molte delle quali sono un’eccellenza, ottica che Matteo Salvini è stato il primo a sollevare e che continua a sostenere. Dopodiché la premier dovrebbe invitare l’Europa a guardare la realtà senza occhiali ideologici, a tenere vivo il rapporto transatlantico, non suicidarsi in nome di un’avversione di qualcuno all’attuale presidente degli Stati Uniti, non rinunciare alla vera garanzia della difesa, della libertà e del benessere occidentale negli ultimi 80 anni. Il legame con gli Stati Uniti è un altro punto molto condiviso da Matteo Salvini, da sempre il più nitido sostenitore delle politiche di Donald Trump.
La Meloni dovrebbe fare anche riferimento al fatto che difesa nazionale e sicurezza significano anche fare un passo avanti rispetto all’ondata migratoria e al rischio dell’esportazione del terrorismo islamico, della radicalizzazione: questo è un punto cui l’Europa non dovrebbe rinunciare, non scaricarlo sull’Italia. Tutti questi temi fanno parte di una solida piattaforma di governo di centrodestra, e alcuni di essi sono nitide battaglie della Lega, su cui Salvini preme da giorni.
Poi in una coalizione ci sono, ed è sano, sfumature differenti a valle che ne rappresentano anche il valore. Ma a monte c’è una visione comune: rafforzare la difesa nazionale, no a fantomatici eserciti europei, presidiare il rapporto con l’America e con Trump, attenzione al confine sud e all’emergenza immigrazione e terrorismo. Altro che la scampagnata radical-inconcludente del popolo degli aperitivi.