I grandi leader, se non son matti non li vogliamo
Alessandro Gnocchi · 4 Maggio 2025
In questa puntata di “Alta tiratura” Alessandro Gnocchi illustra uno studio dello psichiatra Nassir Ghaemi, docente all’Harvard Medical School, uno dei centri accademici più importanti al mondo. Il suo libro, divertente e inquietante, si intitola “Una straordinaria follia. Storie di disturbi mentali dietro a grandi leader” (Apogeo,332 pagine, 25 euro). Ghaemi ha studiato le cartelle cliniche, le prescrizioni mediche, le testimonianze di amici, insomma tutto quello che riguarda la salute mentale dei principali leader del XIX e XX secolo.
Una di queste storie è quella di Winston Churchill: tutta la sua famiglia soffriva di problemi psichici, suo padre e sua figlia morirono suicidi. Winston non fece eccezione: soffriva di depressione, ma essendo un uomo intelligentissimo la riconobbe e ne parlò anche in pubblico, definì la malattia il suo “cane nero”, citando l’amato scrittore Samuel Johnson.
Tutto questo non gli impedì di vincere la Seconda guerra mondiale e di diventare uno dei personaggi più importanti del Novecento: alcuni disturbi mentali non sono incompatibili con un corretto funzionamento dell’uomo che ne soffre. Anzi, qualcuno è “ad alto rendimento”: la depressione aveva lasciato a Churchill in eredità permanente una sorta di “realismo depressivo”: cioè una visione pessimistica della natura umana e dell’andamento della storia che lo spingeva a studiare bene e subito le contromisure da adottare nei confronti dei nemici dell’Inghilterra. Neville Chamberlain, che l’aveva preceduto alla guida del Regno Unito, non aveva questo realismo e infatti andò alla conferenza di Monaco del 1938 convinto che Hitler fosse addomesticabile.
Altri leader con disturbi psichici sono stati Abraham Lincoln (depressione), il mahatma Gandhi (depressione), Martin Luther King (sindrome bipolare). Il caso con la cartella clinica più ricca è John Fitzgerald Kennedy: malato del morbo di Addison (allora non diagnosticabile, depresso, sofferente di attacchi di bipolarismo e di dipendenza sessuale, fu curato con il cortisone e poi con le metanfetamine, queste ultime con effetti (e dosaggi) esagerati, tanto da indurre la Casa Bianca a un “colpo di stato sanitario” con la sostituzione del suo medico. Comunque, forse anche grazie alle “medicine”, Kennedy riuscì a uscire dalla crisi dei missili a Cuba…