La vicenda di Ilaria Salis ha più un merito: grazie a lei è stata richiamata l’attenzione sul valore della proprietà privata e si sono pure riaccesi i riflettori sullo scandalo delle cosiddette “case popolari”.
Candidata all’europarlamento e poi eletta grazie alle gesta non proprio eroiche compiute in terra magiara, la Salis non perde occasione per negare ogni dignità alla proprietà. In altre parole, a suo giudizio non si tratta tanto di condannare questa o quella proprietà (perché è vero che non tutte le ricchezze sono ottenute legittimamente: basti pensare a quella rapina legale che sono gli assegni incassati dagli europarlamentari…), ma la proprietà in quanto tale.
Anche se la signora non se ne rende conto, in questo modo quello che viene contestato alla radice è il diritto. Quando rispetto la proprietà altrui, in effetti, io osservo le regole poste a tutela dell’altro, della sua incolumità e sicurezza, della sua possibilità di evitare aggressioni. Dire proprietà significa dire diritto, allora, e significa riconoscere che l’altro ci trascende e gli dobbiamo un rispetto assoluto. Mentre da un lato contesta la possibilità per gli altri di usare liberamente i loro beni, la Salis da anni vive in una casa si proprietà pubblica e per giunta ha accumulato un debito piuttosto rilevante. Anche stavolta dobbiamo ringraziarla, perché in questa strana Italia molti si erano quasi dimenticati dello scandalo perenne degli alloggi pubblici.
Perché sarebbe uno scandalo? Le ragioni sono numerose. Come nel caso della Salis, si tratta di un patrimonio amministrato malissimo, dato che la morosità è a livelli molto alti. Per giunta, tanti vivono in queste case senza nemmeno avere avuto un’assegnazione regolare, ma solo a seguito di un’occupazione. Abbiamo un patrimonio immenso che in teoria dovrebbe andare a favore dei più deboli, che invece spesso è destinato agli “amici degli amici”, in altre circostanze è stato accaparrato dai più prepotenti e in molti casi degrada a causa di una gestione pubblica caratterizzata da incuria e disinteresse. Che fare? Da anni cerco di far ragionare attorno ad alcuni semplici concetti, che qui proverò a riassumere, dato che una rivoluzione in tale settore è urgente e necessaria.
La mia proposta muove dall’idea che tutti gli immobili pubblici (comunali, regionali ecc.) andrebbero privatizzati, anche offrendoli a prezzo di favore agli attuali affittuari. Con il capitale ottenuto si dovrebbero creare fondazioni locali incaricate di assegnare aiuti economici temporanei (di uno o due anni) alle famiglie maggiormente in difficoltà.
Un primo vantaggio è che si potrebbe aiutare chi davvero ha bisogno. Oggi mi potrebbe succedere di ricevere una casa a canone sociale perché ho un reddito basso, ma magari dopo 5 anni la situazione è del tutto diversa. Ben difficilmente, però, mi sarà chiesto di uscire di casa e lasciare l’immobile a una famiglia più bisognosa.
Oltre a ciò, un aiuto in “natura” è poco efficace. Se mi danno una casa con un canone di locazione contenuto nella zona Nord di Milano lo accetto volentieri, ma se mi avessero dato un assegno mensile forse avrei cercato un’analoga abitazione nella zona Sud: dove ho parenti e amici. Se ognuno ricevesse soldi, saprebbe farne l’uso più adeguato alle sue esigenze. Per giunta, un ente pubblico è del tutto inefficace nel gestire la manutenzione di centinaia o migliaia di abitazioni. Altra cosa, invece, sarebbe amministrare un capitale seguendo regole assai semplici e prudenziali.
L’aiuto economico temporaneo, inoltre, è più coerente con la logica di un’assistenza che sia consapevole del fatto che il suo maggior successo consiste nel diventare inutile. Un voucher-casa distribuito da fondazioni di paese e/o di quartiere sarebbe per sua natura eccezionale e temporaneo, e non già destinato a definire uno stile di vita: il modo di sfuggire una volta e per sempre all’onere di un’abitazione da affittare o acquistare sul mercato.
Un’ultima considerazione. Per ragioni del tutto evidenti, costruire case popolari che poi vengono assegnate a quanti sono nelle condizioni peggiori finisce fatalmente per creare veri e propri ghetti. Le cose sarebbero diverse, invece, se i più fragili ricevessero risorse economiche da spendere dove vogliono. È ovvio che con un modesto aiuto pubblico nessuno potrà permettersi di andare a vivere nei quartieri più lussuosi, ma certamente si eviterebbe il meccanismo ghettizzante del sistema attuale.
Alla Salis, quindi, dobbiamo rivolgere un doppio ringraziamento: per avere indotto molti a capire come la proprietà sia importante e quanto sia cruciale difenderla; per avere richiamato l’attenzione su un mondo – quello dell’edilizia “in stile sovietico” – di cui non si parla mai, ma che invece merita più attenzione e dovrebbe essere al più rivoluzionato in maniera assai netta.
Grazie onorevole Ilaria Salis, che ci hai ricordato come si vive a scrocco
Carlo Lottieri · 24 Giugno 2024
La vicenda di Ilaria Salis ha più un merito: grazie a lei è stata richiamata l’attenzione sul valore della proprietà privata e si sono pure riaccesi i riflettori sullo scandalo delle cosiddette “case popolari”.
Candidata all’europarlamento e poi eletta grazie alle gesta non proprio eroiche compiute in terra magiara, la Salis non perde occasione per negare ogni dignità alla proprietà. In altre parole, a suo giudizio non si tratta tanto di condannare questa o quella proprietà (perché è vero che non tutte le ricchezze sono ottenute legittimamente: basti pensare a quella rapina legale che sono gli assegni incassati dagli europarlamentari…), ma la proprietà in quanto tale.
Anche se la signora non se ne rende conto, in questo modo quello che viene contestato alla radice è il diritto. Quando rispetto la proprietà altrui, in effetti, io osservo le regole poste a tutela dell’altro, della sua incolumità e sicurezza, della sua possibilità di evitare aggressioni. Dire proprietà significa dire diritto, allora, e significa riconoscere che l’altro ci trascende e gli dobbiamo un rispetto assoluto. Mentre da un lato contesta la possibilità per gli altri di usare liberamente i loro beni, la Salis da anni vive in una casa si proprietà pubblica e per giunta ha accumulato un debito piuttosto rilevante. Anche stavolta dobbiamo ringraziarla, perché in questa strana Italia molti si erano quasi dimenticati dello scandalo perenne degli alloggi pubblici.
Perché sarebbe uno scandalo? Le ragioni sono numerose. Come nel caso della Salis, si tratta di un patrimonio amministrato malissimo, dato che la morosità è a livelli molto alti. Per giunta, tanti vivono in queste case senza nemmeno avere avuto un’assegnazione regolare, ma solo a seguito di un’occupazione. Abbiamo un patrimonio immenso che in teoria dovrebbe andare a favore dei più deboli, che invece spesso è destinato agli “amici degli amici”, in altre circostanze è stato accaparrato dai più prepotenti e in molti casi degrada a causa di una gestione pubblica caratterizzata da incuria e disinteresse. Che fare? Da anni cerco di far ragionare attorno ad alcuni semplici concetti, che qui proverò a riassumere, dato che una rivoluzione in tale settore è urgente e necessaria.
La mia proposta muove dall’idea che tutti gli immobili pubblici (comunali, regionali ecc.) andrebbero privatizzati, anche offrendoli a prezzo di favore agli attuali affittuari. Con il capitale ottenuto si dovrebbero creare fondazioni locali incaricate di assegnare aiuti economici temporanei (di uno o due anni) alle famiglie maggiormente in difficoltà.
Un primo vantaggio è che si potrebbe aiutare chi davvero ha bisogno. Oggi mi potrebbe succedere di ricevere una casa a canone sociale perché ho un reddito basso, ma magari dopo 5 anni la situazione è del tutto diversa. Ben difficilmente, però, mi sarà chiesto di uscire di casa e lasciare l’immobile a una famiglia più bisognosa.
Oltre a ciò, un aiuto in “natura” è poco efficace. Se mi danno una casa con un canone di locazione contenuto nella zona Nord di Milano lo accetto volentieri, ma se mi avessero dato un assegno mensile forse avrei cercato un’analoga abitazione nella zona Sud: dove ho parenti e amici. Se ognuno ricevesse soldi, saprebbe farne l’uso più adeguato alle sue esigenze. Per giunta, un ente pubblico è del tutto inefficace nel gestire la manutenzione di centinaia o migliaia di abitazioni. Altra cosa, invece, sarebbe amministrare un capitale seguendo regole assai semplici e prudenziali.
L’aiuto economico temporaneo, inoltre, è più coerente con la logica di un’assistenza che sia consapevole del fatto che il suo maggior successo consiste nel diventare inutile. Un voucher-casa distribuito da fondazioni di paese e/o di quartiere sarebbe per sua natura eccezionale e temporaneo, e non già destinato a definire uno stile di vita: il modo di sfuggire una volta e per sempre all’onere di un’abitazione da affittare o acquistare sul mercato.
Un’ultima considerazione. Per ragioni del tutto evidenti, costruire case popolari che poi vengono assegnate a quanti sono nelle condizioni peggiori finisce fatalmente per creare veri e propri ghetti. Le cose sarebbero diverse, invece, se i più fragili ricevessero risorse economiche da spendere dove vogliono. È ovvio che con un modesto aiuto pubblico nessuno potrà permettersi di andare a vivere nei quartieri più lussuosi, ma certamente si eviterebbe il meccanismo ghettizzante del sistema attuale.
Alla Salis, quindi, dobbiamo rivolgere un doppio ringraziamento: per avere indotto molti a capire come la proprietà sia importante e quanto sia cruciale difenderla; per avere richiamato l’attenzione su un mondo – quello dell’edilizia “in stile sovietico” – di cui non si parla mai, ma che invece merita più attenzione e dovrebbe essere al più rivoluzionato in maniera assai netta.
Autore
Carlo Lottieri
Opinione dei lettori