Zecchi: “Cari studenti, prendete esempio dagli indiani: la scuola è una missione”
Pier Luigi Pellegrin · 2 Giugno 2024
Secondo Stefano Zecchi, docente di Estetica, editorialista su il Giornale, dovremmo fare come gli indiani di Calcutta, se vogliamo evitare che la scuola italiana butti la Divina Commedia (e se stessa) in farsa. Zecchi lancia quella che potrebbe sembrare, ma non lo è, una provocazione: “Ho insegnato per alcuni anni all’Università Tagore di Calcutta”, racconta, “ricordo come quei giovani non studiassero per loro stessi ma per il proprio Paese. Si sentivano investiti da una missione da compiere. Un esempio che ci insegna come debba radicalmente cambiare sentimento e consapevolezza dell’apprendimento”.
Tornando all’Italia, la questione è complessa. Nei giorni scorsi due studenti mussulmani sono stati dispensati dallo studio del capolavoro dantesco e il fatto ha riaperto la domanda sulla direzione che la scuola sta prendendo. La matrice religioso-ideologica della questione (ricordiamo anche la polemica sulla festa di fine ramadan in classe) non è però il vero cuore del problema: “La scuola non può continuare a essere gestita come un’azienda”, spiega Zecchi, “purtroppo l’introduzione dell’autonomia scolastica ha portato gli istituti a fare acqua da tutte le parti. Perché in Italia l’istruzione è sempre stata trattata come una Cenerentola, non solo in termini di risorse, ma anche per quanto riguarda la distribuzione corretta degli incarichi, del tutto mancante. Sarebbe inoltre necessaria una modifica radicale dei concorsi per dirigente scolastico, che non può essere una figura esclusivamente burocratica, lontana anni luce dal ruolo del vecchio preside.
Lo stesso discorso vale per i test sostenuti dagli insegnanti, perché la professionalità del docente deve venir apprezzata e adeguatamente retribuita. Nella scuola italiana, inoltre, assistiamo al distacco sempre più marcato tra discipline umanistiche e sapere scientifico, che invece dovrebbero essere inscindibili tra di loro (basti pensare a opportunità e incognite dell’Intelligenza Artificiale). Dobbiamo trovare un freno all’ossessiva spinta laicista che sta facendo smarrire le identità. Non possiamo sviluppare una società come la nostra senza poggiare solidamente le nostre basi sulla Storia, sul sapere umanista, sulla coscienza religiosa”.