Se picchiare un agente può essere “tenue”

· 28 Novembre 2025


Cari ascoltatori, questa sera incrociamo due dati con una notizia, poi traete voi le conclusioni. I due dati riguardano un fenomeno in costante crescita, il numero di agenti delle forze dell’ordine feriti, aggrediti, oggetto di violenza durante manifestazioni, o, meglio, durante fenomeni di teppismo urbano in cui degenera parte di alcune legittime manifestazioni di dissenso: picchi che vengono raggiunti da quando l’universo antagonista pro-pal si è saldato con quello dei dei sindacati di base, con la copertura dell’intellighenzia di sinistra.

Il primo dato riguarda l’anno scorso e viene dal sindacato di Polizia, che citiamo in un giorno in cui i sindacati sono sugli scudi per il millesimo sciopero generale che blocca il Paese, ma quello della di Polizia è poco chic, è un figlio di un dio minore, di certo meno riverito e vezzeggiato nel mainstream, perché rappresenta le divise, che per la buona società sono abbastanza urtanti. Secondo i suoi dati, nel 2024 il fenomeno degli agenti feriti è aumentato del 195,5% rispetto al 2023, quasi del 200%, una salita in verticale inaccettabile in uno Stato civile, i cui rappresentanti in divisa sono un puntello indispensabile, quindi da difendere. Se chi ci difende non viene difeso, finiamo in una trappola che mina la convivenza.

A questo dato si aggiunge poi che, secondo una stima di inizio ottobre, quindi parziale, questo fenomeno è ulteriormente cresciuto: il numero degli agenti feriti è salito di un altro 52,6%, rispetto a quel 195,5%. In pratica non si ferma più: l’aggressione a chi rappresenta lo Stato nelle strade, in piazza, nelle trincee urbane in cui questi movimenti antagonisti trasformano spesso le nostre città, è ormai sistematica.

Poi c’è la notizia: la Corte Costituzionale ha deciso che la “tenuità” di alcuni reati, e quindi la possibile non punizione, può valere anche quando vengono compiuti contro esponenti delle forze dell’ordine. Nella fattispecie la Consulta ha colto una questione sollevata dal Tribunale di Firenze, dichiarando illegittima la norma che in automatico escludeva la possibilità di applicare questa speciale causa di “non punibilità per particolare tenuità” quando questi reati vengono compiuti contro gli agenti delle forze dell’ordine. Questa notizia non ci conforta, non perché la persona in divisa valga di più delle altre e quindi un atto di violenza o di qualunque tipo di aggressione verbale o fisica sia più grave; ma perché l’aggressione contro la persona in divisa è un’aggressione anche a quello che rappresenta, è un’aggressione a chi è deputato a tutelare la nostra difesa quotidiana, al patto sociale che garantisce un’esistenza sicura a tutti noi.

Se collegate questa notizia ai dati sui picchi di agenti feriti per violenza e di aggressioni, capirete che qualcosa non va: già quei ragazzi in strada sono i paria del mainstream, si prendono dei fascisti o dei difensori dell’ordine fascista dai cortei e a volte anche dagli intellò da talk show; mentre, come diceva Pasolini, sono spesso gli ultimi, i dimenticati, i veri proletari irrisi soprattutto dalla brava gente progressista.

E adesso si ritrovano anche questa sentenza della Corte Costituzionale, che di certo avrà le sue fondamenta giuridiche, la sua tenuta formale; però ci lascia l’impressione che pezzi fondamentali dello Stato si trovino lievemente scollegati dalle istanze, dalle urgenze, dalle difficoltà di chi quello Stato, quel patto sociale lo rappresenta e lo difende ogni giorno nelle nostre strade, sotto le nostre case. Questa distonia non ci lascia mica tanto tranquilli.


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