Umberto Brindani: Dizionario degli errori sul caso Garlasco
Giovanni Sallusti · 26 Luglio 2025
Questa settimana, a “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti della politica, dell’attualità, del giornalismo, Giovanni Sallusti discute con il direttore di “Gente” Umberto Brindani dei 47 errori che hanno messo in discussione la sentenza sull’omicidio di Chiara Poggi, per il quale Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere.
“Gli errori nell’inchiesta originaria sono almeno 47. Tra l’altro trovo anche poco commendevole che di fronte ad alcuni di questi errori ci siano esperti o personaggi che hanno contribuito alle indagini che considerino normale che un certo verbale non venga firmato da chi l’ha redatto, o che ci possa essere stata superficialità nella manipolazione del cadavere, come ‘cose che succedono’. Non è affatto normale, stiamo parlando della morte di una ragazza, della sua famiglia, di una famiglia che ha perso in carcere il figlio, di Alberto Stasi che potrebbe essere innocente. È una vicenda che riguarda tutti noi, non è affatto normale che ci siano errori così importanti: per esempio il fatto di aver manipolato il cadavere di Chiara Poggi, cancellando per sempre quelle quattro impronte che erano state impresse evidentemente dall’assassino sulla spalla della povera Chiara”.
“È stato il procuratore generale Oscar Cedrangolo nella sua requisitoria finale a elencare tutti gli errori, perché la condanna di Alberto Stasi è avvenuta senza una prova, ma solo su una serie di indizi che in primo grado e in appello non erano stati giudicati sufficienti; poi al processo di appello bis nel 2014 gli stessi sono diventati gravi, precisi e concordanti. E prima che la Cassazione nel 2015 confermasse definitivamente la condanna di Stasi a 16 anni di carcere, Cedrangolo aveva raggiunto le stesse conclusioni dei primi due processi, e aveva detto ‘con questi indizi io non sono in grado di dire se Alberto Stasi sia innocente o colpevole, e neppure voi’, rivolto ai cinque giudici di Cassazione. I quali non hanno fatto un plissé, si sono rinchiusi in Camera di consiglio e il giorno dopo se ne sono usciti confermando la condanna”.
“Non c’è una sola traccia di Dna di Stasi sulla scena del delitto. La traccia che è stata rilevata sulle unghie di Chiara in un primo tempo non è stata attribuita a nessuno, è stata confrontata con il dna di Stasi con un risultato negativo e poi è stato detto che non era leggibile; ma i consulenti e i periti incaricati dalla Procura di Pavia oggi dicono che invece quella traccia è perfettamente leggibile ed è di Andrea Sempio. Ora è in corso l’incidente probatorio che dovrà stabilire entro il 24 ottobre se quella traccia è effettivamente di Sempio. Quanto alla traccia trovata nel cavo orale di Chiara, che è stata definita di Ignoto 3, se non si tratta di una contaminazione saremo in presenza di un dna completo che individua una persona precisa, e questa persona non può che essere l’assassino o complice dell’assassino”.
“Sarebbe innanzitutto la conferma assoluta che Alberto Stasi non c’entra niente e quindi ci si avvierebbe verso una revisione del processo, con Stasi già libero, il quale avrà sicuramente un risarcimento; e poi, trovato il titolare di quel dna Ignoto 3, avremo una nuova verità”.
“È clamorosa la testimonianza di Marco Muschitta, il quale, diversi giorni dopo l’omicidio, convinto dai suoi familiari e dai suoi colleghi di lavoro, è andato a raccontare di aver visto una ragazza bionda in bicicletta con in mano uno strumento che lui ha individuato come una sorta di attizzatoio, nell’orario in cui si presume sia stato compiuto l’omicidio. Ha raccontato questo con grande precisione, poi c’è stata un’interruzione di un’ora, e quando il verbale è ripreso Muschitta ha fatto inserire due cose stranissime: prima ha fatto scrivere ‘confermo tutto quello che ho detto’; poi, punto a capo e il verbale riprende così: smentisco tutto quello che ho detto perché sono uno stupido e mi sono inventato tutto. Tutto nello spazio di poche righe. Intercettato in auto, Muschitta ha poi detto al padre ‘io ho detto la verità’ e il papà gli ha risposto ‘stai tranquillo, loro hanno fatto questo per proteggerti'”.
“L’avvocato di Stasi, Antonio De Rensis, si chiede perché il pm non gli ha chiesto conto di quell’intercettazione: ‘è il testimone inattendibile più preciso della storia’”.
“Io credo che molti colleghi giornalisti, ma anche genetisti, ex generali del Ris, esperti, periti, criminologi siano in forte imbarazzo in questa vicenda. Oggi c’è una Procura della Repubblica, semplificando al massimo, contro la procura precedente, e ci sono colleghi, ma non solo, che non sanno più da che parte stare. Ho descritto più volte e l’ho scritto anche un romanzo giallo, ‘Suicidio Imperfetto’, come funzionano certi casi di delitti che poi diventano mediatici. I colleghi di quotidiani, radio, tv, siti, devono dare le notizie e chi le dà le notizie nell’immediatezza del fatto? Le danno gli inquirenti”.
“Se gli inquirenti si innamorano di una tesi e dimenticano dolosamente o colposamente le eventuali piste alternative, i colleghi che devono lavorare ‘sul tamburo’ non possono che abbeverarsi alla fonte primaria. Questo fin dai tempi di Tangentopoli. Siamo dipendenti da quello che ci viene dato dai comunicati stampa, e alla fine ci si innamora della stessa tesi di cui si sono innamorati gli inquirenti”.
“Poi ci sono colleghi che hanno invece voglia di scavare. Devo ricordarne uno, Giangavino Sulas, con cui ho lavorato a lungo: era il tipico collega che non si accontentava mai della prima verità. Ha indagato sul caso del delitto di Perugia, sul caso di Erba, sul caso Bergamini, su tante storie che sembravano finite, ma lui non si fermava: parlare con gli avvocati che difendono gli imputati o i condannati a volte dà informazioni che non necessariamente le Procure danno. Quello che sta succedendo in questo momento è anomalo, perché abbiamo una Procura che mette in discussione tutto il lavoro della Procura precedente, cinque processi celebrati in Tribunale, le indagini dei celebrati Ris di Parma e quant’altro. Si tratta di rimettere in discussione tutto quello che si è pensato, fatto e scritto nei 18 anni precedenti”.