Sentenza open arms: vince la libertà della politica
Giovanni Sallusti · 19 Giugno 2025
Cari ascoltatori, sono uscite le motivazioni della sentenza con cui Matteo Salvini il 20 dicembre scorso è stato assolto dalla Seconda sezione penale del Tribunale di Palermo per la grottesca accusa di sequestro di persona quando era ministro dell’Interno del governo gialloverde, riferita all’ormai celeberrimo caso Open Arms.
270 pagine nelle quali i giudici Elisabetta Villa e Andrea Innocenti hanno motivato la ratio con cui venne pronunciata l’assoluzione perché il fatto non sussiste (mentre è sussistita per anni nelle prime pagine dei giornaloni). Le due componenti essenziali di queste motivazioni le ha riassunte Giulia Bongiorno, l’avvocato che ha difeso Matteo Salvini in questo processo, la quale ha commentato così: “La sentenza, con motivazione tecnicamente ineccepibile, riconosce l’assoluta correttezza della condotta del ministro Salvini. Non esisteva infatti alcun obbligo di far sbarcare Open Arms in Italia”. Questa è la prima componente: decidendo di non concedere l’autorizzazione a sbarcare i migranti a bordo di Open Arms, Salvini ha esercitato autonomia, discrezionalità, libertà della politica rispetto a una gestione dell’immigrazione improntata sui porti chiusi su cui aveva avuto il mandato degli elettori.
Poi c’è la seconda componente, spiegata in sintesi sempre da Bongiorno: “La sentenza va anche oltre e precisa che chi ha sbagliato è stata proprio Open Arms nel non cercare altre soluzioni”, cioè c’era un intento politico a monte, perché la politica dei “porti chiusi” rompeva le uova nel paniere ai trafficanti di esseri umani e a tutti coloro che prosperano sul business dell’immigrazione clandestina. Per questo erano stati presi di punta il ministro, il governo italiano e quindi l’Italia, perché è difficile spiegare altrimenti perché Open Arms, dopo aver girovagato in mare, abbia puntato dritto sull’Italia e non su altri Paesi più comodamente raggiungibili. Secondo quanto scrivono i giudici sarebbe stata la Spagna, non l’Italia, il Paese tenuto a tutelare i diritti delle persone a bordo, dunque in linea di principio anche a fornire l’approdo in un porto sicuro.
Dopodiché i giudici che hanno assolto Salvini scrivono anche che “può con sicurezza escludersi che lo Stato italiano avesse respinto i migranti verso una nazione in cui sussista un ragionevole rischio di subire un pregiudizio alla propria vita, alla libertà, all’integrità psicofisica”, perché Salvini non concede l’approdo in acque territoriali italiane, ma non è che li rispedisca in Libia, dove i rischi potevano esistere; anzi, dicono sempre i giudici, “confidando sul fatto che i paesi direttamente responsabili, Spagna e Malta, ove i migranti non avrebbero corso i rischi sopra specificati, avrebbero potuto accoglierli”.
Quindi il deposito e la diffusione delle motivazioni confermano, una volta di più, che con la sentenza di assoluzione sul caso Open Arms si è presidiato lo spazio della politica, la libertà dell’agire politico e del suo collegamento con la volontà popolare. Cioè la democrazia.