La regola (infallibile) di Trump: Macron sbaglia sempre
Giovanni Sallusti · 17 Giugno 2025
Cari ascoltatori, c’è un dettaglio importante nello scenario in continuo aggiornamento di questa guerra in cui Israele difende non solo se stesso ma anche noi, l’Occidente, dalla minaccia atomica della teocrazia iraniana; e che è anche una guerra di liberazione del popolo iraniano da una dittatura oscurantista e criminale.
Questo dettaglio, che dice molto delle attuali politiche europee, si trova in un post di Donald Trump, che è rientrato in anticipo alla Casa Bianca dal G7 in Canada, abbandonando la burocrazia per seguire gli sviluppi del conflitto nella Situation room: “Il presidente francese Emmanuel Macron, in cerca di pubblicità, ha erroneamente affermato che ho lasciato il vertice del G7 in Canada per tornare a Washington e lavorare a un cessate il fuoco tra Israele e Iran. Sbagliato! Non ha idea del perché io sia ora in viaggio per Washington, ma di certo non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco. È molto più importante. Che lo voglia o no, Emmanuel sbaglia sempre. Restate sintonizzati”.
Ora, a parte la notizia che Trump non è rientrato per lavorare a un cessate il fuoco ma per qualcosa di più grosso – aleggia la caduta del regime – è interessante la regola che, lo voglia o no, Emmanuel sbaglia sempre. E in effetti nella cronaca politica le conferme non mancano.
Macron è il creatore del format dei mitologici “volonterosi”, sembra preistoria, ma è stato poche settimane fa. Scena: Emmanuel si sveglia, si mette il cappello di Napoleone, si guarda allo specchio e decide che per affrontare l’orso russo nella guerra in Ucraina, alle porte dell’Europa, degli Stati Uniti si può fare a meno. Quindi si pone alla testa di questo sgangherato club, che dovrebbe costituire da solo una fonte di pressione credibile e addirittura di deterrenza militare su Mosca. Macron però si muove in modo così scomposto che molti suoi soci d’avventura gli fanno notare che non metteranno gli stivali sul terreno per le sue ambizioni imperiali fuori tempo massimo.
Il format dei volonterosi, quindi, si è rapidamente sgonfiato senza avere mai messo sul tavolo un’alternativa percorribile. Anzi, Macron ha preso un abbaglio anche a San Pietro, con l’imbarazzante tentativo di imbucarsi con una terza sedia nel faccia a faccia Trump-Zelensky: voleva a tutti i costi risultare in quella foto iconica, nella quale sarebbe stato un corpo estraneo comunque, per differenza di pesi non solo militari ma anche simbolici.
Per quanto riguarda la cronaca recente, ora Macron dice che collaborerà con Israele perché ovviamente non può prendere le parti degli ayatollah, ma fa finta di niente e fischietta sul fatto che poco tempo prima aveva dichiarato che era un dovere morale e anche un’esigenza politica riconoscere lo Stato di Palestina, quindi riconoscere i terroristi di Hamas che governano Gaza, proprio mentre Israele combatte una guerra di difesa per annientare i medesimi tagliagola del 7 ottobre.
Ancora recentemente, ha tentato un’opa ridicola sul sistema universitario americano, dicendo: Trump sta mettendo a rischio la libertà di ricerca, venite nelle università francesi. E non ha capito che è esattamente il contrario: seppure in modo impattante, a volte semplificato, Trump sta tentando di ripristinare il free speech che da alcune università dell’élite americana era stato bandito.
Ma Macron è fatto così: tanto da sbagliare perfino l’inaugurazione delle Olimpiadi, trasformandola in qualcosa di offensivo, in un suicidio culturale, dove si parodiava l’Ultima cena, e quindi la figura di Cristo, con un caravanserraglio più o meno Lgbt, irridendo le proprie radici culturali. Iniziativa che fra l’altro Trump criticò espressamente, unica voce fra i leader occidentali.
Quel post di Trump, dunque, enuncia una regola comprovata, da tenere presente: che lo voglia o no, Emmanuel Macron, anzi Micron, sbaglia sempre.