Alla larga dall’organizzazione filocinese della sanità
Giovanni Sallusti · 21 Maggio 2025
Cari ascoltatori, senza alcuna sorpresa oggi c’è grande scandalo presso i giornaloni e i buoni&giusti, perché il bieco governo reazionario e antiscientifico (“antiscientifico”= parola del giorno) ha commesso l’atto inaccettabile di astenersi sull’accordo pandemico globale voluto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, astensione peraltro condivisa da altri dieci Stati, fra i quali la democrazia di Israele.
La rivolta del mainstream alla decisione italiana ha riesumato le virostar: vi ricordate i virologi-guru ai tempi bui del Covid che ogni sera, in prima serata e senza incontrare ostacolo, amputavano libertà costituzionali e facevano strame di secoli di diritto e di filosofia politica? Per esempio, Repubblica ha rispolverato Roberto Burioni, di cui Fabio Fazio in quella stagione era la spalla. Secondo Burioni, l’esecutivo ha ceduto ai no vax e quindi l’astensione dell’Italia e degli altri Paesi è un atto no vax: peccato che il documento della delegazione italiana non abbia nei vaccini il suo baricentro, che non citi minimamente la retorica no vax, e che i vaccini compaiano di sfuggita
La Stampa ha ripescato Franco Locatelli, tra il 2021 e il 2022 coordinatore del Comitato tecnico scientifico: in quei mesi il Cts era un gradino sopra la Trinità, fornitore di dogmi indiscutibili. Locatelli dice che le scelte politiche devono basarsi sull’evidenza scientifica, come se il voto italiano fosse stato contro la scienza (e non lo è, la scienza non c’entra nulla); e anche come se la scienza fosse un monolite e non in evoluzione continua, quindi soggetta a rivedere e smentire le sue stesse osservazioni. Sull’epistemologia Locatelli potrebbe aiutarsi con una rilettura di Sir Karl Popper…
Ma che cosa prevede questo accordo, che si declina in 35 articoli? Tra le altre cose, l’adozione di un quadro giuridico vincolante per rispondere in modo coordinato alle pandemie. E qui sta il cuore del dissenso italiano: ci rifiutiamo di abdicare al principio della sovranità nazionale nel determinare le politiche sanitarie, perché è un valore a monte in una cornice di liberalismo, di costituzionalismo. Il no della delegazione italiana è stato ragionato e ragionevole: ha riconosciuto che il testo finale era migliore di quello iniziale, secondo il quale gli Stati nazionali sarebbero diventati delle dependance dell’Oms, ma ha anche ricordato che l’accordo deve rispettare i principi di proporzionalità e i diritti fondamentali, inclusa la protezione dei dati personali e delle libertà individuali.
La posizione del nostro governo è che quando si parla di diritto alla salute ci sono comunque altri diritti che vanno tenuti in ugual conto: per esempio il diritto alla libera iniziativa economica, al lavoro, al proprio sostentamento, per non dire della gigantesca questione della tutela della libertà personale e della privacy.
Vorremmo anche sottolineare anche un altro fattore, affatto secondario: l’Oms non è un’entità asetticamente “scientifica”, né tantomeno indiscutibile. Al tempo della pandemia si è rivelata tutt’altro che un esempio di efficienza e di distacco: anzi, nei momenti più critici spesso ha agito come succursale del regime cinese. A metà gennaio 2020, con l’epidemia Covid conclamata, l’Oms rilanciava ancora le indagini cinesi che “non dimostrano” la diffusione del virus tra umani, mentre la democratica Taiwan lanciava l’allarme opposto – censurato dall’Oms – che il virus si diffondeva eccome fra gli umani, e certo che era epidemia.
Poi, a fine gennaio 2020, il presidente dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, da buon vassallo, si recò in pellegrinaggio a Pechino, a omaggiare il compagno Xi, e assicurò che la Cina sta effettivamente definendo nuovi standard per la lotta all’epidemia. In pratica, l’Oms finché ha potuto ha dato sponda all’insabbiamento cinese, poi, quando non è stato più possibile, ha operato un’inversione a U e ha comunque agito come braccio della politica sanitaria del Partito Comunista: dall’occultare e sminuire si è fatta portatrice dell’ideologia del lockdown a prescindere, dell’emergenzialismo perenne, con allegre amputazioni di libertà costituzionali, con il pervasivo controllo delle nostre vite, con l’atomizzazione sociale, con il distanziamento sociale come ideologia: un chiusurismo così a oltranza che ancora l’anno scorso raccomandava l’utilizzo delle mascherine, perché l’emergenza deve diventare la nuova normalità.
Per questo è una buona notizia che l’Italia difenda la sovranità nazionale e si rifiuti di sdraiarsi su un’organizzazione succursale di Pechino, come ha detto anche Donald Trump. Che infatti ne è uscito.