Così Trump ridisegna il Medio Oriente (e il mondo)
Giovanni Sallusti · 14 Maggio 2025
Cari ascoltatori, oggi prendiamo atto dell’esistenza di due Donald Trump. Uno è quello raccontato quotidianamente sulle pagine dei giornaloni, sui talk seriosi, nella bolla del mainstream, dipinto come psicopatico, spesso un criminale, e anche al soldo del Cremlino. Poi c’è il Donald Trump che sta ridisegnando il mondo con una logica, una strategia fatta di priorità geopolitiche, emerse chiaramente dal suo viaggio in Arabia Saudita, dove ha tenuto un discorso da cui emerge come stia provando a ridisegnare il mondo in chiave anti-cinese su scala globale e anti-iraniana su scala mediorientale, con il suo tipico approccio: negoziato in funzione del benessere economico, e pace, se necessario, attraverso la forza. Trump può certamente essere criticato: ma quello vero, non quello immaginario del mainstream.
Quali sono gli elementi importanti di questo viaggio? Anzitutto c’è il disegno di fare dell’Arabia Saudita uno dei poli, insieme con Israele, di un nuovo Medio Oriente all’insegna “della pace e della prosperità”: Trump ha auspicato che l’Arabia Saudita si unisca presto agli accordi di Abramo, che sono il punto di caduta diplomatico e il dispositivo cardine della sua azione. Il coinvolgimento dell’Arabia Saudita è strategico nella rifondazione di una Gaza senza Hamas, al di là dello scandalo suscitato dal modo di comunicare del presidente Usa e anche delle perplessità che egli stesso ha verso alcuni elementi della politica di Netanyahu.
Trump ha anche citato l’Iran, la teocrazia sciita nemica della sunnita Arabia Saudita, e qui ha ostentato bastone e carota: “Sono qui oggi non solo per condannare il caos passato dei leader iraniani, ma per offrire loro un nuovo e migliore percorso. Non voglio avere nemici permanenti, voglio un accordo con l’Iran, ma se l’Iran respinge questo ramoscello d’olivo e continua ad attaccare i suoi vicini, non avremo altra scelta che infliggere la massima pressione. L’Iran non avrà mai l’arma nucleare”. E qui è partita un’ovazione da parte del consesso saudita: l’Iran è la testa della piovra terrorista, le cui braccia sono Hamas, Hezbollah, Houti, che Trump ha ribadito di essere pronto a bombardare per ripristinare la libertà di commercio. All’Iran non resta che prendere atto, oppure subirne la massima pressione: pace attraverso la forza.
Poi c’è il tema di scenario internazionale, che emergeva già in campagna elettorale: un asse alternativo alla Cina, una “contro-via della seta” ma più in grande: nella testa di Trump la stabilità globale passa attraverso grandi piattaforme di accordi commerciali, tecnologici, economici, convinto, come lo era un classico pensatore del liberalismo, Frédéric Bastiat, che dove non passano le merci, passano gli eserciti.
Questa grande contro-via della seta mette insieme l’Arabia Saudita, potenza economica ed energetica, Israele, potenza tecnologica, elemento di democrazia nell’area e storico alleato dell’America; e, più in là, l’India, contraltare della Cina, nazione democratica emergente e potenza nucleare (che fra l’altro ha ascoltato Trump sulla de-escalation col Pakistan). L’India è un importante parte dell’asse per fronteggiare la minaccia autocratica cinese. Questo è il Trump vero, che può piacere o meno. Ma non è certo quello caricaturale, che esiste solo nella bolla di lor signori.