Cina e Russia, sì a trattare: è il nuovo ordine di trump
Giovanni Sallusti · 12 Maggio 2025
Cari ascoltatori, in questo weekend un “uno-due” di notizie ha dato uno scossone in direzione del nuovo ordine mondiale disegnato da Donald Trump, e così sono serviti i geopolitologi da salotto che insistono sul puzzone, sull’agente del disordine, sulla caricatura dell’amico del Cremlino. Queste due notizie rappresentano avanzamenti su due fronti decisivi dello scacchiere globale, che dimostrano ai soloni da due soldi che Trump sa quello che fa, quanto senso abbiano i suoi metodi, primo fra questi l’esercizio dell’elasticità negoziale.
La prima notizia ha a che fare con la faglia di rottura della contemporaneità, la sfida per l’egemonia tra Stati Uniti e Cina, che nella visione del presidente Usa è guerra commerciale in luogo della guerra con i cannoni. Dopo settimane in cui si è giocato con l’equivoco di Trump come aggressore alle regole del libero commercio mentre il partito comunista cinese ne sarebbe il custode, è stato trovata un prima fra i due Paesi su un meccanismo di consultazione sul commercio, che è già una svolta rispetto alla situazione precedente.
Trump e il segretario al Tesoro Scott Bessent hanno dichiarato la loro soddisfazione per i progressi compiuti, e Trump ha detto di vedere in prospettiva un reset completo nei rapporti con la Cina, un negoziato amichevole e costruttivo. La controparte cinese ha confermato che esiste una bozza di accordo e che oggi ne verranno diffusi i dettagli.
È una svolta importante, perché la situazione sarà presto insostenibile, con i dazi al 145% da parte Usa e al 125% per parte cinese, ma soprattutto perché conferma la validità della rivoluzione di metodo: è interessante vedere come la Cina si sia convinta a discutere la politica commerciale, evidentemente consapevole di non poter prolungare all’infinito la sua condizione di privilegio ottenuta esercitando la concorrenza sleale a danno delle filiere produttive americane e occidentali. Questo è un abbozzo di nuovo ordine che fa gli interessi di tutti, in particolare dei nostri.
L’altro fronte è quello russo-ucraino e la notizia è che giovedì dovrebbe avvenire in Turchia il primo incontro tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky: Putin ha sconfessato l’idea di cessate del fuoco dei cosiddetti volonterosi, rilanciando su colloqui per trattare la pace: è un risultato di obiettivo e di vocabolario dovuto a Trump, perché sotto l’amministrazione Biden tutto questo non è mai successo.
Trump sul suo social Truth ha postato che se Putin vuole l’incontro in Turchia “per negoziare una possibile fine di questo bagno di sangue”, l’Ucraina “dovrebbe accettare immediatamente. Accettando, Kiev avrebbe modo di determinare se un accordo è possibile, se non lo è i leader europei e gli Stati Uniti sapranno come stanno le cose, potranno procedere. Inizio a dubitare che l’Ucraina faccia un accordo con Putin, troppo impegnato a celebrare la vittoria della Seconda guerra mondiale, che non sarebbe stata vinta senza gli Stati Uniti”.
Trump in pratica consiglia a Zelensky di stanare Putin, di andare a vedere le sue carte. Se Putin bluffa, dice il presidente Usa, i leader europei e gli Stati Uniti sapranno come stanno le cose, ricordando che, al di là delle differenze, esiste un asse euro-atlantico che Mosca non potrà ignorare. Così come non dovrebbe ignorare che senza gli Usa non avrebbe potuto festeggiare alcuna vittoria: per il sostegno tecnologico e finanziario all’Urss, per l’estensione a Mosca della legge “affitti e prestiti” che era stata fatta per la Gran Bretagna. E gli Stati Uniti sono gli unici che hanno combattuto su due fronti, quello del Pacifico e quello europeo.
Se quindi Putin non arriva a un accordo, Trump potrà contemplare reazioni, che vanno dalle sanzioni a un nuovo afflusso di aiuti militari all’Ucraina. Zelensky, che ha chiaramente cambiato il suo approccio strategico, si presenterà: “Aspetterò Putin in Turchia, attendiamo un cessate il fuoco completo e duraturo per fornire una base necessaria alla diplomazia. Spero che questa volta i russi non cerchino scuse”. E stamattina il segretario di Stato Marco Rubio ha ribadito i medesimi concetti.
La sintesi è che, sia sul versante commerciale con la Cina sia sul versante bellico con la Russia, l’alfabeto e il metodo negoziale di Trump hanno avuto la meglio e così sono stati conseguiti risultati, anche se parziali. È il nuovo ordine trumpiano che avanza, fatevene una ragione.