Quanto è assurda l’Europa woke? Leggete Finkielkraut

· 11 Maggio 2025


In questa puntata di Alta tiratura, Alessandro Gnocchi racconta il nuovo libro del saggista francese Alain Finkielkraut, figlio di sopravvissuti alla Shoah ungheresi che si sono poi trasferiti a Parigi. Finkielkraut è nato come critico che approccia la filosofia attraverso la letteratura, poi ha iniziato ad assumere posizioni più combattive, al punto da essere accusato dai gilet gialli, quella sorta di movimento che tutti i sabati andava a occupare il centro di Parigi, i quali urlarono “razzista” a lui che era figlio di sopravvissuti all’Olocausto.

Finkielkraut ha messo in piedi una riflessione molto profonda su ciò che è l’Europa, sull’identità europea, sull politicamente corretto, sulle alternative, e analizza il razzismo degli antirazzisti fenomeno difficile da debellare per le sua caratteristiche “mimetiche”. Ora è uscita per Feltrinelli una raccolta di articoli, “Il pescatore di Perle” (Gramma Feltrinelli, 204 pagine,18 euro): si tratta di interventi di argomento vario, ma con il filo conduttore del politicamente corretto e dell’identità europea. Ogni capitolo è introdotto da una citazione che introduce il lettore al tema che verrà affrontato. Tra i testi più interessanti c’è quello dedicato al declino dell’istruzione e quindi all’ascesa di tutti quei movimenti che non rispettano la storia, che sono preda delle ideologie, della cultura della cancellazione.

Per esempio, per far capire come sia crollata l’istruzione accademica riporta i termini di un bando di concorso universitario e tutte le sue assurdità. Finkielkraut prima presenta l’elenco dei corsi che si possono seguire in una facoltà di Scienze politiche francese, fra i quali “L’idea di un’invasione migratoria nei media francesi dagli anni ’80 a oggi”, “L’islamofobia in Francia e nei Paesi confinanti”, “Biforcazioni di genere”, “Sperimentazioni e reti di sostegno per le persone trans”. Poi arriva allo strepitoso bando all’Università di Parigi VII, per un posto di docente di filosofia. “Ci si aspetterà una pratica di intersezionalità ponderata, non come tecnologia regionale, ma come modalità di problematizzazione generica e trasversale, atta a rendere più complessa l’analisi delle logiche del dominio, nella loro profondità genealogica come nelle loro configurazioni contemporanee, e trasformare le condizioni di leggibilità delle traiettorie individuali e collettive della soggettivazione emancipatrice delle invenzioni del corpo, della memoria e del linguaggio operanti nella ricostruzione della capacità politica”. Chi può dare un senso compiuto a questa frase? 

Finkielkraut spiega che questo crollo dell’istruzione accademica consente l’ascesa di teorie e dottrine che possono esistere proprio perché ignoriamo la storia e ignoriamo le fonti del sapere. Una delle sue polemiche è sul linguaggio: ironizza sui “sostenitori intransigenti dell’uguaglianza grammaticale che si sono impegnati a liberare le donne dal burqa linguistico: ed eccole finalmente riportate la luce grazie alla scrittura inclusiva e all’uso sistematico nelle più alte sfere dello Stato di quelle e quelli, ciascuna e ciascuno, tutte e tutti, come se le viaggiatrici si sentissero dimenticate o insultate quando i viaggiatori erano invitati a non scendere dal treno fermo in aperta campagna”. Finkielkraut è un pensatore alternativo al conformismo, consigliatissimo.


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