Se la Cina esce sconfitta in Conclave, è Buona novella
Giovanni Sallusti · 9 Maggio 2025
Cari ascoltatori, questa mattina ci sfileremo, anche perché sarebbe irrispettoso, dal giochino dei giornaloni, degli intellò, dei buoni&giusti, che fanno a gara per arruolare Papa Leone XIV fra le figurine del politichese, più che della politica. Vediamo che c’è chi parla già di un Papa antitrumpiano, di un Papa della sinistra, come già venne fatto con Bergoglio, che però l’appiglio l’aveva dato, anche se non per sua precisa intenzione. Che Papa sarà, Leone, lo vedremo: non parte storicamente e culturalmente amico di Trump, però da cittadino statunitense risulta da sempre iscritto alle liste elettorali del Partito repubblicano, e anche questo qualcosa vorrà dire. Insomma, è il caso di stare alla larga dalle semplificazioni del giorno dopo, che sono sempre una trappola.
Possiamo piuttosto riflettere, sul piano geopolitico, partendo da chi non è stato eletto, in primis il favorito, il segretario di Stato di Bergoglio, Pietro Parolin: profilo certamente con le carte in regola e con un forte consenso nel collegio cardinalizio, per il suo moderatismo e perché la sua figura sembrava essere quella adeguata per trovare una quadra tra istanze progressiste e istanze conservatrici.
Però Parolin era anche percepito, in quanto espertissimo diplomatico, come il tessitore dell’accordo con la Cina, il più grande totalitarismo al mondo, di marca comunista, ateo e anticristiano. Questo accordo all’insegna della realpolitik verteva sulla nomina dei Vescovi della Chiesa Cinese, e riconosceva al partito comunista il diritto di decidere quali candidati proporre. Cosa che è stata criticata da molte voci della Chiesa, tra cui il simbolo del cattolicesimo perseguitato dal regime, il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, che non ha partecipato al Conclave perché ha 93 anni, ma ha subìto il carcere e la sua biografia porta le ferite causate dalla dittatura del Dragone. Zen non ha criticato direttamente la Chiesa o Parolin, ma la riforma e certe parole d’ordine del pontificato di Bergoglio, cosa che è stata recepita come una critica indiretta all’accordo stipulato con la Cina.
Non sappiamo che cosa abbia prodotto la nomina di Prevost, ma dobbiamo prendere atto che, rispetto a Parolin “segnato” da quella firma con Pechino, è stato scelto un Pontefice americano: e, trumpiano o no poco importa, non ce lo vediamo come amico del Dragone. La morale di tutto questo? Se la scelta di Leone XIV è una sconfitta geopolitica della Cina comunista, è una buona notizia, una buona novella.