Sala, l'”ultimo giapponese” della guerra alle auto

· 8 Maggio 2025


Cari ascoltatori, registriamo una volta di più che il sindaco di Milano Beppe Sala vuole chiudere la sua (dis)avventura amministrativa con la sua battaglia, unica e fondamentale, contro chi possiede un’automobile e vuole perfino usarla, peggio se non è ricco e non ha un’auto super elettrica e ben accessoriata. In pratica il milanese medio è nel mirino delle magnifiche sorti e progressive nonché gretine di Sala, che ha appositamente trasformato la città in una ragnatela di divieti, barriere, area C e area B.

Sono politiche fuori tempo massimo e molti ne hanno già preso atto, ma lui niente, rilancia, come si evince dal suo intervento di ieri a margine del Festival dello sviluppo sostenibile: “A Milano stiamo cercando di fare sì che i 17 obiettivi fissati dall’assemblea dell’Onu con l’agenda 2030 siano realizzati”, un’agenda che però sui temi ambientali è ormai datata, visto che molti governi si sono accorti che l’infatuazione per il green stava facendo danni all’economia dei loro Paesi, oltre che agli automobilisti. Ma la spia dell’atteggiamento di Sala sta anche nel linguaggio: “A me rincresce che ancora non riusciamo a usare il trasporto pubblico in maniera più massiccia. Il nostro è eccellente”. Se lo paragoniamo a situazioni drammatiche, per esempio Roma, sì; ma il sindaco di Milano in realtà ha tagliato le corse, e la sicurezza in molte stazioni e della metro e dei treni è inesistente, problema che dovrebbe essere in cima alle sue priorità, altro che green.

E invece, qual è il dramma che tiene sveglio Sala la notte? “Ancora facciamo fatica a convincere tutti i milanesi che il trasporto pubblico sia il modo principale con cui muoversi”. Convincere? Il compito di un’amministrazione pubblica non è convincere i cittadini a tenere i comportamenti che essa ritiene virtuosi, almeno in una democrazia liberale: farlo è pedagogia, e odora tanto di Stato etico. Il compito di un’amministrazione è mettere i cittadini nelle migliori condizioni per usufruire della propria città, dei servizi che pagano con tasse tutt’altro che secondarie, di certo non le più basse d’Europa.

Il discorso di Sala è tutto di questo tono: “Noi dobbiamo insistere su questo perché il numero di macchine ogni cento abitanti non sta diminuendo”: il suo obiettivo è diminuire il numero di macchine per abitanti, manca solo un piano quinquennale sovietico. “Stiamo imponendo dei limiti ma il numero è 49 auto per 100 abitanti, ed è ancora troppo alto per la città che noi desideriamo”. Quante auto vorrebbe ogni cento abitanti? Questa è follia ideologica, un sogno buono giusto per la prima cerchia dei bastioni, in zona aperitivi green a via Montenapoleone. “Si può sempre ragionare su adattamenti rispetto al momento, ma sulla direzione no. Io penso che sia l’unica possibile, credo che bisogna essere convinti che non lo si fa solo per il bene del pianeta, ma che possono nascere anche buone opportunità dal punto di vista economico”.

Riepiloghiamo: le auto devono sparire, i milanesi devono convincersi a usare il trasporto pubblico, e magari in fretta, perché l’ayatollah Sala vede che il tempo del suo mandato comincia a stringere e deve sbrigarsi a conseguire il suo obiettivo di pedagogia pubblica. A questo punto forse resterebbe solo da chiamare due nerboruti infermieri, perché Sala continua imperterrito a intonare una litania del tutto smentita dai fatti: non solo i governi, ma perfino un pezzo di establishment europeo che ha sostenuto la follia del green deal sta cominciando a pensare che è meglio fermarsi finché sono ancora in piedi un po’ di economia europea e una parvenza di industria, in primis automobilistica. È chiaro perfino a loro che non è intelligente fare la guerra all’auto e alla sua filiera produttiva, alla libera mobilità dei cittadini. E soprattutto, qualcuno dica a Sala che lo stato etico è sempre diseconomico, perché punta solo a obbligare la gente, e basta uno sguardo alla storia del Novecento per rendersene conto. Non sappiamo se Sala abbia sfogliato un manuale, ma non vediamo l’ora che a Milano queste gretinate finiscano.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background