Cucù, l’asse franco-tedesco non c’è più

· 18 Aprile 2025


Cari ascoltatori, il tasso di bile, di fegati spappolati nel mainstream è a picchi fuori controllo, perché dopo la visita della premier Georgia Meloni a Washington dall’orco Donald Trump (che però è il leader del mondo libero, per chiunque dimori nella realtà), oggi piove sul bagnato, con il pranzo di lavoro a Roma del vicepresidente Usa J.D. Vance con la premier e con i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani.

Vance ha postato su X: “Sono grato ogni giorno per questo lavoro, ma in particolare oggi, perché i miei impegni ufficiali mi hanno portato a Roma il venerdì santo. Ho avuto un ottimo incontro con il Primo Ministro Meloni e il suo team e presto andrò in chiesa con la mia famiglia in questa splendida città. Auguro a tutti i cristiani del mondo un benedetto Venerdì Santo”, perché Vance e l’amministrazione che rappresenta non si vergognano di rivendicare le radici dell’Occidente, in gran parte di orizzonte culturale cristiano anche al di là della confessione: ed è tutto parte dell’agenda anti-woke che Meloni ieri ha chiarito essere un trait d’union fra l’Italia e l’America dell’amministrazione Trump.

Lo scacco per lor signori è anche nel contenuto: già prima di iniziare i lavori Vance ha detto “parleremo delle relazioni tra i due Paesi e anche di negoziato commerciale, non solo tra Italia e Stati Uniti, ma anche con l’Unione Europea”. Il vicepresidente ha confermato così che il governo italiano, Meloni e i due vicepremier, con cui ha avuto l’incontro, sono il vero anello di congiunzione tra le sponde dell’Atlantico, l’unico interlocutore preso sul serio dalla Casa Bianca. Tant’è che fonti europee hanno fatto trapelare che il vertice di oggi ha fissato un punto importante, e che la missione di Meloni è una chance per un ponte fra Ue e Stati Uniti.

Ergo, la bile che circola fra le anime belle italiane attualmente è superata solo da quella a Parigi e a Berlino: dalle medesime fonti europee si è saputo che ci sarebbe stata una telefonata tra Ursula von der Leyen e la nostra premier sullo stato dell’interlocuzione con gli Stati Uniti, una telefonata definita “buona” da Ursula, che ha così ufficializzato pubblicamente che per parlare con gli Stati Uniti e per aver chiaro che cosa pensa Trump, deve parlare con il governo italiano. I giornali di domani proveranno a rigirarla per l’ennesima volta, ma è una evidente vittoria politica.

Vi ricordate i famigerati risolini dei leader dell’asse franco tedesco quando a guidare l’Europa erano Angela Merkel e Nicolas Sarkozy di fronte a Berlusconi, che si guardavano e irridevano il governo italiano (che peraltro avrebbe presto subìto le loro trame, come ha poi rivelato un ex ministro del governo Obama)? Ebbene, ora l’Europa, quindi anche Parigi e Berlino, in questo momento di tensione geopolitica e commerciale, per avere una relazione con gli Stati Uniti devono passare da Roma e dal governo di centrodestra.

Il famigerato asse franco-tedesco non dà più le carte, l’Europa non è più egemonizzata dalle sue priorità: ricorderete la geopolitica del tubo con la Russia, che ha portato alla crisi ucraina. Ora il fronte si è aperto, anche grazie alla guerra commerciale di Trump, ad altri protagonisti. E il primo fra questi, piaccia o no, è il governo italiano di centrodestra.


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