Trump sta vincendo ma non capite: serve un disegnino?
Giovanni Sallusti · 10 Aprile 2025
Cari ascoltatori, dovremo fare un disegnino, perché i giornaloni Donald Trump proprio non lo capiscono: oggi sulla questione dei dazi dichiarano addirittura la grande sconfitta: una “ritirata” per Repubblica, un’immaginifico “Trump trema e congela i dazi” su La Stampa (ve lo immaginate spaventato dal bazooka di Ursula von der Leyen?), “marcia indietro” sul Quotidiano nazionale, mentre per il Sole24ore “ci ripensa”.
Non pretendiamo che lor signori leggano il bestseller degli anni ‘90 di Trump, “L’arte della negoziazione”, dove il suo modo di agire è ben spiegato, perché i libri pensosi e presentabili se li scrivono e se li leggono solo fra loro. Allora proviamo a fare noi questo semplice disegnino dello schema alla base della sua strategia, dazi inclusi. Lo psicodramma al di qua dell’Atlantico, e al di là dell’Atlantico la guerra commerciale voluta da Trump, nascono su due versanti, uno puramente negoziale (che se lor signori leggessero capirebbero facilmente) e uno geopolitico.
Quello negoziale è: inizio una trattativa al rialzo, spavento anche l’interlocutore, gli faccio accettare la mia premessa e quando vedo la sua disponibilità vado a negoziare nell’interesse dei milioni di americani che mi hanno votato fuori dalla bolla di Manhattan. Ed è quel che è successo: Trump ha congelato i dazi, ha mantenuto un minimo del 10% e ha fermato l’escalation dei dazi reciproci: circa 80 paesi si sono già fatti vivi con gli Stati Uniti, interessati ad aprire una trattativa e a rivedere la loro politica commerciale. Tra questi c’è anche l’Unione Europea, che non ha nessun bazooka: evocando la possibilità di dazi zero, Ursula non ha fatto altro che entrare nello schema Trump. Un’ottima notizia anche per la nostra premier Meloni, che andrà a Washington con l’alfabeto della trattativa sdoganato.
Poi c’è la questione geopolitica. Trump mentre congelava i dazi globali ha tenuto fuori la Cina, alla quale li ha ancora aumentati fino al 125%, e questo accade perché la vera faglia di rottura geopolitica è la sfida tra il gigante americano e il Dragone. Trump l’ha ribadito ieri, tutto è cominciato con l’ingresso della Cina nel Wto a condizioni favorevoli per lei e sfavorevoli per il mondo libero. Questo è lo scenario che chiunque abbia istinto di autoconservazione, ami o detesti Trump non importa, deve tenere ben presente: checché ne dica l’ormai non brillantissimo Mario Monti oggi su Repubblica, è lo scontro fra la più grande democrazia liberale del mondo e il principale totalitarismo del mondo.
Quindi non c’è nessuna sconfitta di Trump: il presidente Usa ha ottenuto il suo obiettivo negoziale con gli interlocutori normali e sta alzando la posta col rivale geopolitico. Se non è ancora abbastanza evidente, la prossima volta veramente toccherà venire con la lavagna e fare un disegnino.