La vera sfida dei dazi è Usa-Cina. Su, da che parte state?
Giovanni Sallusti · 7 Aprile 2025
Cari ascoltatori, è sempre è più chiaro che la vera posta in palio attorno alla battaglia dei dazi – che sui nostri giornaloni si traduce in un’isteria strumentale in chiave antiamericana, dal momento che alla Casa Bianca ci sono i repubblicani – è vincere la sfida con la Cina. Una contrapposizione epocale, di prospettiva: è la famosa trappola di Tucidide, quel meccanismo della storia per cui le aspirazioni di una potenza in ascesa tendono a scontrarsi con gli interessi della potenza egemone fino a deflagrare in potenziali scenari di guerra. Che nel caso delle società contemporanee può manifestarsi anche come guerra commerciale.
Questo è il meccanismo verso cui, secondo gli analisti, sono proiettati Washington e Pechino, e l’elezione di Donald Trump c’entra molto, perché il presidente Usa è stato votato anzitutto dall’America formata in buona parte dai forgotten men, i dimenticati, i perdenti di questo globalismo: inteso non come globalizzazione nel senso di circolazione globale dei capitali, ma come ideologia fasulla, masochista, che con l’ingresso della Cina nel Wto ha sdoganato una libertà economica priva delle libertà elementari che in Occidente ne sono il fondamento: la libertà individuale, i diritti della persona, del lavoratore, i diritti dell’individuo rispetto alla macchina dello Stato.
Tutte queste cose in Cina non esistono, perché vige uno schiavismo di fatto e il diritto del lavoro è nullo, motivo per cui il Dragone ha potuto aggredire il mondo libero con la concorrenza sleale. La conseguenza è stata la deindustrializzazione di vastissime aree d’Europa e d’America, in primis la famosa Rust belt cantata da J.D. Vance in “Elegia americana”: e infatti è proprio da quell’America che Trump ha ricevuto il mandato di rimettere a posto le cose, di rimediare, come lui stesso oggi ha detto, ai guasti di del globalismo ideologico che ha fatto gli interessi della Cina, cioè del partito comunista cinese. La Cina non è un Paese concorrente qualsiasi, è il più grande totalitarismo esistente sulla Terra.
È in questa cornice che va letto quello che accade oggi, il rilancio di Trump di fronte alla contro-reazione cinese sui suoi dazi: “Nonostante il mio avvertimento che qualsiasi Paese si ritorca contro gli Stati Uniti emettendo ulteriori tariffe sarà immediatamente accolto con nuove tariffe più alte, la Cina ha risposto con il 34% di dazi contro l’America. Pertanto” scrive Trump, “se entro domani la Cina non ritirerà il suo aumento del 34% rispetto agli abusi commerciali già in atto da lungo tempo”, cioè il globalismo ideologico, “gli Stati Uniti imporranno alla Cina tariffe aggiuntive del 50% a partire dal 9 aprile. Inoltre tutti i colloqui con la Cina riguardanti i loro incontri richiesti con noi saranno interrotti, mentre i negoziati con gli altri Paesi che hanno chiesto un incontro inizieranno immediatamente”.
Il nocciolo della questione dazi, allora, è la sfida per l’egemonia globale tra la più grande democrazia liberale del mondo e il più grande totalitarismo del mondo. Ci auguriamo che nessun italiano, europeo, occidentale sano di mente, scelga la Cina comunista.