Prodi sempre peggio: ora vuole che diventiamo cinesi

· 26 Marzo 2025


Cari ascoltatori, quello che Romano Prodi pensa è perfino peggio di quello che fa. Dopo un tentativo di insabbiamento durato qualche giorno da parte dei suoi sodali, l’evidenza si è imposta con la forza delle immagini sul caso della collega di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici, cui il professore ha tirato una ciocca di capelli. Romano Prodi a Bruxelles ha detto che l’affetto è stato scambiato per aggressione e che si vuole montare un caso contro un vecchio professore, peggiorando ancora le cose.

Ma la cosa davvero deflagrante, che non è stata notata dai più, è che oggi Prodi ha scritto un editoriale sul Messaggero, nel quale esprime alcuni concetti agghiaccianti da un punto di vista geopolitico e valoriale. L’articolo si intitola “Oltre gli Stati Uniti esiste un mondo”, cui è stato aggiunto un punto esclamativo nella versione pubblicata sul sito personale del professore.

La tesi di Prodi è che dobbiamo mollare gli Stati Uniti, fregarcene del legame transatlantico, dell’Alleanza Atlantica che ci ha garantito per decenni pace, sviluppo, benessere e libertà, e immaginare un’alleanza strategica con la Cina, cioè il principale totalitarismo comunista esistente oggi sulla faccia della Terra: un posto dove sono attivi 1.400 campi di concentramento, i famigerati laogai.

Ecco qualche passo dell’editoriale: “Il disorientamento regna sovrano: a partire dagli Stati Uniti, che l’hanno provocato, per passare a tutti gli altri Paesi che ne dovranno trarre le conseguenze”. Prodi vede un “disorientamento” perché gli americani hanno eletto Donald Trump, un repubblicano che a lui non piace, che sta provando a chiudere la guerra in Europa.

E infatti prosegue con “lasciando da parte l’importante capitolo del possibile accordo sulla fine della guerra in Ucraina”, come fosse una quisquilia che riguarda le vite di persone, di nazioni, anche di aziende se pensiamo alla crisi energetica. “Per iniziare dall’Europa è certo importante che si sia iniziato a sostituire l’ombrello americano nel campo della difesa”, cosa che Prodi vede come un passo confortante, essendo evidentemente nemico dell’Occidente e del legame transatlantico: chissà che cosa ha in mente al posto dell’ombrello americano, forse l’ombrello portatile bucato francese, o meglio ancora il riarmo tedesco, che già ha dato una vistosa prova di sé nel Novecento? Dopo di che Prodi sostiene che dobbiamo sganciarci dagli Usa anche economicamente e dal punto di vista dell’intelligenza artificiale, citando DeepSeek, la tecnologia cinese che ha esordito con grandi speranze, ma poi ha fornito performance drasticamente inferiori rispetto a quella americana.

Ma il punto vero è questo: bisogna capire “come agire per rendere possibili relazioni eque e intense fra Europa e Cina. Questo problema mi veniva quotidianamente posto dagli studenti cinesi” (Prodi ha una cattedra di cultura italiana a Pechino all’interno della Fondazione Agnelli). “A loro rispondevo che un quadro di collaborazione attiva e paritaria è oggi utile e necessario, e se non siamo riusciti a farlo nei passati trent’anni, dobbiamo lavorare molto per realizzarlo oggi, disponendoci entrambi a mettere in atto radicali cambiamenti. Da parte europea il primo obiettivo deve essere l’elaborazione di una politica unitaria”.

Quest’ultimo concetto è un dogma per Prodi, che definì se stesso cittadino italiano ma servo dell’Europa. E cita il caso dei dazi europei sulle auto elettriche cinesi, che secondo lui non vanno bene, perché non abbiamo fatto abbastanza gli interessi di Pechino.

E ancora: “Dal lato cinese si presenta in primo luogo il problema dei sussidi alle imprese esportatrici”: per il professore è quello il problema vero in Cina, non l’internamento dei dissidenti, la mancanza di libertà religiosa, la dittatura del partito unico. “Di quest’ultimo problema si sono recentemente resi conto i governanti del Celeste Impero che stanno apprestando misure per aumentare la capacità d’acquisto dei cittadini, le risorse destinate al welfare e le altre misure per aumentare il consumo interno”: cioè la Cina comunista, scrive Prodi quasi commuovendosi per il Celeste impero, è una sorta di paradiso scandinavo, ed è con costoro che ci invita a stringere un rapporto preferenziale.

In pratica, di fronte a una nuova Guerra fredda, quella tra Stati Uniti e Cina, Prodi ci invita a fare una scelta ben precisa: a schierarci col totalitarismo comunista. E questo è molto peggio della tirata di capelli.


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