Occhio, il ReArm Europe è il ReArm Germany!
Giovanni Sallusti · 18 Marzo 2025
Cari ascoltatori, in attesa della telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin, un vero potenziale tornante della storia – che per inciso potrebbe rendere ancora più sterili le manovre dell’euro-burocrazia – stiamo capendo che quello che nella retorica si chiama ReArm Europe, nella realtà è ReArm Germany, il riarmo della Germania, fatto che ha precedenti storici non confortanti, soprattutto per per i popoli europei, ma su questo il dibattito sembra come anestetizzato.
In queste ore al Bundestag va in scena una furbata che se l’avesse fatta un leader italiano di centrodestra si sarebbe scatenata la rivolta di anime belle ed editorialisti con il sopracciò. La furbata però è opera del serioso leader teutonico della Cdu e premier in pectore Friedrich Merz, quindi passa in cavalleria, eppure è grossa. Il Parlamento uscente, che nelle sue ultime ore per prassi dovrebbe occuparsi solo degli affari correnti, invece, grazie a un accordo politico in vista dell’ennesima grande coalizione, dovrebbe approvare una modifica costituzionale epocale per la Germania: la revisione dei limiti all’indebitamento statale stabiliti dalla Costituzione tedesca, noti come “freno al debito”, che verrebbero eliminati.
Devono farlo subito perché nel nuovo Parlamento Merz non avrebbe i due terzi che servono: la nuova coalizione è raccogliticcia ed esigua nei numeri. Quindi farà approvare all’ultimo minuto una riforma su un tabù del cosiddetto ordoliberalismo tedesco, che poi è sostanzialmente una mitologia dell’austerità, truccando le carte, con un Parlamento in cui la sua alleata Spd è sovra-rappresentata rispetto al consenso effettivo.
Non è da sottovalutare anche che il colosso dell’industria delle armi tedesche fin da fine Ottocento, Rheinmetall, ha dichiarato di essere pronto a produrre carri armati e altri mezzi per la difesa nelle fabbriche di Volkswagen. Insomma, ci sembra che il Rearm Europe sia l’ennesimo escamotage di lor signori per rimediare a un altro escamotage suicida: il green deal, che ha devastato intere filiere produttive europee, quella dell’automotive tedesco in primis, fino a una catastrofe economica e simbolica che si può riassumere nel piano Volkswagen di riduzione di stipendi per 300 miliardi e di posti di lavoro per 35 mila unità.
Ma il peggio è che si voglia salvare l’industria dell’automotive riconvertendola a industria del riarmo con un piano finanziato dai soldi di tutti i contribuenti europei, quindi anche italiani, e che nasce con due obiettivi. Da un lato è una spinta verso le velleità imperialiste della principale potenza militare del continente, la Francia: Macron parla come referente di Zelensky e da leader militare, sebbene senza alcuna legittimazione da parte del continente medesimo. Dall’altro lato, il Rearm Euro è il Rearm Germany, perché sottende a riqualificare l’industria tedesca convertendola a industria militare, eliminando il tabù del debito che non fa più comodo alla locomotiva tedesca.
In questo scenario ci sembra salutare tenere come bussola l’interesse italiano e dire che noi non ci stiamo, che i soldi dei contribuenti italiani non finanzieranno né le velleità bonapartiste francesi né le velleità di riarmo tedesche. Ed è quello che immaginiamo dirà oggi la premier Meloni in Aula: il governo e la maggioranza di centrodestra sono prontissimi a sostenere un efficientamento, un irrobustimento, un rifinanziamento del comparto della difesa italiano, premiando industrie italiane che sono spesso d’eccellenza, nell’interesse italiano. Ma il Rearm Germany coi soldi nostri, grazie no.