Erba, i dubbi sui ricordi di Frigerio e sulle confessioni

· 18 Marzo 2025


In questa puntata di “Auto da fé” Giulio Cainarca parla con Cristina Scarpazza, professore associato presso il Dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova, docente di Neuroscienze cognitive e Neuroscienze forensi. Ha fatto parte del team guidato dal prof. Giuseppe Sartori per la consulenza finalizzata alla richiesta di revisione del processo. Questi gli argomenti della puntata:

1. Il riconoscimento da parte del signor Mario Frigerio di Olindo Romano quale suo aggressore
2. La idoneità o meno dei due condannati a fare una confessione

La sentenza della Corte d’Appello di Brescia che ha rigettato le richieste di revisione nega il carattere di novità del lavoro scientifico della prof. Scarpazza, compiuto insieme a 14 colleghi esperti di discipline relative alle scienze forensi coordinati dal Prof. Sartori e agli studenti del Master in Scienze Forensi dell’Università di Padova. Il lavoro è iniziato nel 2018.

La prof. Scarpazza chiarisce come il ricordo di Mario Frigerio sulla strage di Erba non è attendibile: questo fu chiarito da subito dal Prof. Piergiorgio Strata, ma l’idoneità di Frigerio a rendere testimonianza non era stata mai valutata, come invece hanno fatto la prof. Scarpazza e il pool Sartori: in sintesi, il signor Frigerio non era idoneo a testimoniare, secondo lo studio di 500 pagine prodotto dal pool Sartori: il ricordo riferito all’aggressione subita, esposto dal signor Frigerio in udienza nel 2008, è l’esito di un falso ricordo: Frigerio non avrebbe nemmeno dovuto arrivare a testimoniare, perché il suo era un ricordo non corrispondente a verità: Frigerio era convinto di un ricordo che però era falso.

Il pool del prof. Sartori ha esaminato tutti i documenti depositati nei tre gradi di giudizio, studiando la documentazione originale, recuperando i video originali e le intercettazioni originali riguardanti il signor Frigerio, trascritte poi con il metodo della concordanza da persone indipendenti, in modo scientificamente inappuntabile: ma la Corte d’Appello di Brescia ha negato valore di novità a questo lavoro.

Mario Frigerio era un testimone vulnerabile, perché sottoposto agli effetti dell’intossicazione da monossido di carbonio, che ha effetti tardivi sul soggetto intossicato: nelle intercettazioni, mai esaminate in precedenza, Frigerio ammette di non ricordare niente di ciò che era successo, anche pochi momenti prima: solo il volto di Olindo affiora nel ricordo, ma questo è impossibile da giustificare scientificamente: e questa è una novità assoluta, che la Corte bresciana ha ignorato.

Le condizioni cliniche di Mario Frigerio peggiorano nel tempo, in seguito all’intossicazione da monossido di carbonio: in questo momento, in cui Frigerio è vulnerabile, gli vengono fatte domande suggestive, tendenti a impiantargli il ricordo di Olindo, che diventa un falso ricordo: il ricordo è falso perché scientificamente la soppressione del ricordo di un volto familiare è impossibile: se Frigerio avesse visto Olindo in fase di aggressione, lo avrebbe detto subito, cosa che non fece, ma che fece solo con molto ritardo, in seguito a un falso ricordo impiantato da domande suggestive in una fase di vulnerabilità estrema del Frigerio. Che Frigerio fosse intossicato da monossido di carbonio è certo: lo scrive lo stesso Frigerio nella propria costituzione di parte civile e lo scrive il primo perito della Procura, dott. Scola.

Un altro fatto è l’amnesia tardiva, spiegabile solo con l’intossicazione da monossido di carbonio: ma il fatto centrale è l’amnesia anterograda, che indubbiamente Frigerio ha: non riesce a ricordare eventi avvenuti dopo un certo fatto critico. Le condizioni di salute cognitiva di Frigerio sono migliori nei primi giorni, e peggiorano nei successivi, contrariamente a quanto affermano le sentenze passate in giudicato
Frigerio non fa mai il nome di Olindo, nemmeno il 2 gennaio 2007: sono gli interroganti a instaurare in lui una falsa memoria: e questo è un fatto nuovo, mai considerato.

Quanto alle confessioni di Olindo Romano e di Rosa Bazzi, il pool Sartori viene liquidato dalla Corte bresciana con il giudizio “niente di nuovo”. Ma il pool Sartori si è recato in carcere valutando Olindo e Rosa in prima persona. E questo è assolutamente un fatto nuovo. La disabilità intellettiva di Rosa Bazzi è una novità assoluta. E contrasta con il giudizio di una mente raffinatissima, espresso nelle sentenze di condanna.

La disabilità intellettiva è ciò che una volta veniva chiamato ritardo mentale. Incompatibile con le sentenze che parlano di lucidità e scaltrezza sopraffine. Olindo e Rosa hanno, test scientifici alla mano, due caratteristiche tipiche di coloro che fanno false confessioni: vulnerabilità e circonvenibilità. I fattori esterni, ovvero le modalità con cui vengono condotti gli interrogatori, e i fattori interni, ovvero le loro caratteristiche psicologiche, portano a false confessioni le persone vulnerabili e circonvenibili (caratteristiche definite scientificamente dal pool Sartori) come Rosa e Olindo. In Olindo e Rosa, documenta il pool Sartori, c’erano tutti i fattori interni ed esterni tali da rendere non attendibili le loro confessioni.

Le tecniche di interrogatorio usate verso Olindo e Rosa sono scientificamente giudicate – oggi – inammissibili e inaccettabili, perché tali da produrre false confessioni, corroborate anche dal fatto che furono loro mostrate le fotografie relative alla scena del crimine.

Tutto ciò che il pool Sartori ha messo in luce non è stato sottoposto a un confronto in aula. Il contraddittorio è mancato anche su questi temi nuovi ed essenziali per arrivare alla verità.
Potevano capire gli inquirenti e i pubblici ministeri che Olindo e Rosa non erano idonei a rendere una confessione? Un interrogante per professione poteva capire chi aveva di fronte? La domanda angosciosa rimane in sospeso e nutre un dubbio enorme circa la correttezza delle indagini.


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