Erba, che cosa non torna nell’omicidio Cherubini
Giulio Cainarca · 17 Marzo 2025
In questa puntata di “Auto da fé” Giulio Cainarca conversa con Valentina Vasino, medico legale e allieva di Carlo Torre, che fu uno dei più grandi esperti di Medicina Legale a livello internazionale. Il 25 marzo prossimo la Corte di Cassazione si pronuncia sul ricorso presentato dagli avvocati difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi contro il mancato accoglimento della richiesta di revisione del processo per la cosiddetta strage di Erba deciso dalla Corte d’Appello di Brescia nel luglio scorso.
Con la dottoressa Vasino si parla della sua consulenza, che approfondisce il tema – fondamentale per l’accertamento della verità in ordine alla strage di Erba – della morte della signora Valeria Cherubini, moglie di Mario Frigerio, e delle modalità con cui la donna morì: l’approfondimento della dottoressa Vasino ruota intorno al fatto che la signora Cherubini ha gridato “aiuto!” più volte nel momento in cui erano già arrivati sulla scena del crimine i primi soccorritori: la signora Cherubini insomma era ancora viva quando arrivarono i soccorritori; gli aggressori quindi non potevano fuggire dalla via di fuga interna al palazzo scendendo al piano terra, come invece affermano le sentenze, senza essere visti dai soccorritori medesimi.
La signora Cherubini subì una importante lesione da scannamento, che aveva tagliato in modo importante la lingua. La parola udita da 4 testimoni, cioè la parola “aiuto!” fu pronunciata più volte dalla signora Cherubini in modo distinto e con fonazione completa di vocali e consonanti: in particolare, la lettera “t” della parola “aiuto” implica che la lingua non fosse ancora stata tagliata quando la signora Cherubini invocò aiuto. I suoi aggressori dunque erano ancora sulla scena del delitto quando arrivarono i soccorritori. Si conferma il ragionamento fatto al punto precedente.
Altro punto: la lingua è un organo molto innervato e vascolarizzato: una lingua tagliata cinque volte in modo profondo come quella della signora Cherubini avrebbe determinato un sanguinamento tale da riempire la cavità orale di sangue impedendo di gridare la parola “Aiuto!”. Dunque, è logico pensare che quando gridò aiuto gli aggressori erano ancora presenti sulla scena del crimine e non l’avevano finita
E ancora: il perito del PM di Como, dott. Scola, rileva la presenza di materiale gastrico nello stomaco della signora Cherubini, ma non vi trova sangue , e non ne trova nemmeno nelle vie aeree, né nell’esofago: il sangue dunque è uscito dalla cavità orale; infatti, lo si trova nell’ambiente circostante il corpo della signora, in casa sua. Insomma: la signora Cherubini non ha più respirato dopo le coltellate e quindi non ha ingerito sangue, come avrebbe invece dovuto per forza fare se avesse salito le scale per ripararsi in casa sua, come affermano, in modo illogico, le sentenze.
L’elemento assolutamente nuovo è che non si è mai tenuto conto che la signora Cherubini con 8 lesioni contusive al capo e produttive di commozione cerebrale, e decine di ferite, compresa quella da scannamento, non presentava imbrattamento di sangue nelle regioni superiori del suo abbigliamento: questo significa che la signora ricevette le ferite, e in particolare la ferita da scannamento, nella posizione supina e inginocchiata in cui fu trovata, nel suo appartamento, al piano sopra rispetto a quello della strage: lì fu colpita a morte, e non al piano di sotto.
Osserviamo poi come tutte queste questioni non siano mai state oggetto di confronto in sede giudiziaria: questo è un altro dato eclatante della vicenda. Mai c’è stato alcun confronto in nessun grado di giudizio. Nè il prof. Torre né la dottoressa Vasino hanno mai potuto discutere in modo scientifico in un confronto in sede giudiziaria, nonostante il fatto che la legge italiana preveda come unico luogo in cui formare una prova il contraddittorio in un processo. Senza mai avere un contraddittorio, le evidenze scientifiche sono state liquidate in sentenza. Alcuni reperti, poi, furono distrutti: anche quelli relativi alla scena del crimine riguardante la signora Cherubini.
La Corte d’Appello di Brescia ha liquidato la consulenza della dottoressa Vasino con poche parole, negandole ogni aspetto di novità. Ma i dati che emergono dalla scena del crimine non sono mai stati presi in considerazione e dibattuti in sede processuale nel contraddittorio, né nei precedenti gradi di giudizio né in occasione della richiesta di revisione bocciata poi dalla Corte d’Appello di Brescia
Uno tra gli elementi mai considerati e dunque nuovo: il giaccone della signora Cherubini, che è uno dei reperti che verrà incredibilmente distrutto. Viene trovato accanto al corpo nel suo appartamento, e non ha alcuna lesione: come è possibile, se la signora riceve decine di coltellate e colpi? Li riceve sul capo e sul tronco, ma il giaccone è integro. È evidente che la signora non indossava il giaccone quando fu colpita. Ma sicuramente lo indossava lungo le scale, prima di arrivare in casa sua. Il giaccone viene ritrovato integro, con le maniche rivoltate, come se fosse stato strappato di dosso alla signora durante un inseguimento conclusosi poi con l’aggressione in casa sua.
Ancora: sulle due rampe di scale verso il suo appartamento troviamo solo 14 gocce di sangue della signora Cherubini. Invece un paio di litri di sangue sono stati perduti nel suo appartamento. Ovviamente, è logico supporre che il suo appartamento fosse il luogo dell’aggressione.