Porro: il “mio” Musk, marziano contro woke e burosauri
Giovanni Sallusti · 15 Marzo 2025
Tutte le sfaccettature di Elon Musk e le origini della “Muskfobia” del mainstream sono alcuni dei temi di “Parlando liberaMente”, la nostra intervista settimanale con i protagonisti dell’attualità, della politica, del giornalismo: Giovanni Sallusti ne parla con il vicedirettore del Giornale, conduttore di Quarta Repubblica e saggista Nicola Porro, che conosce personalmente Musk.
“Elon Musk, in realtà, l’ho conosciuto prima che desse il suo appoggio a Trump, ed era già evidente che avrebbe creato tutto il trambusto di questi mesi: è stato il primo a mettere il dito nell’occhio alla grande comunità internazionale del politicamente corretto. L’ha fatto con la mossa strategica di comprare Twitter, che era una specie di ridotta dei radical chic: Twitter non aveva (e non ha) la forza sociale di Facebook di Instagram, di Whatsapp, neanche di TikTok, ma era la palestra degli intellettuali progressisti, che tolleravano come in uno zoo qualcuno che la pensasse diversamente da loro, ma se poi quel che veniva detto non piaceva, quelle persone venivano cancellate. Lui l’ha comprato per una cifra spropositata, 44 miliardi (chi li avrebbe rifiutati?) e ne ha fatto qualcosa per loro inaccettabile: ha ripristinato il free-speech, accetta tutti, il filonazista come il filocomunista, quelli che sono favorevoli al burqa e quelli contrari, basta che non ci siano incitazioni a odio e violenza e pedopornografia. Ne ha fatto una bacheca totalmente liberale, mentre prima era liberale soltanto sul fianco sinistro. E questa cosa ha fatto impazzire gli intellettuali in tutto il mondo, è da qui che nasce il vero odio per Musk”.
“Musk è un uomo fuori dai canoni della normalità. Hanno insultato il suo collaboratore italiano perché ha detto una cosa che capisce chiunque lo conosca, cioè che è nello spettro autistico, e quindi ha un comportamento, un’empatia con le persone, molto particolare. Capirlo non è semplicissimo, non è l’amico con cui bevi una birra al bar, ha una comunicazione a volte molto impulsiva, altre volte è fin troppo riflessivo”.
“Per Musk i soldi non sono un tema, non ne parla mai. Quando comprò Twitter gli chiesi: come ti è venuto in mente, l’hai pagato una cifra senza senso. Lui rispose non sulle cifre, ma sul senso dell’operazione, con una battuta: “Perché sono masochista”. È affascinato dall’innovazione e ha degli obiettivi che sembrano da pazzi: dice di voler andare su Marte perché è fissato con una possibile espansione dell’umanità. Ed è uno che non punta a 100 per ottenere 50, lui punta a 100 per ottenere 100…”.
“L’idea del razzo lanciatore di satelliti che rientra sulla Terra invece di finire distrutto me l’ha spiegata lui stesso: se tu per mandare un pacco da Austin a San Francisco hai un camion che va e poi si rompe, non è conveniente. Ugualmente, se mandi un razzo da decine di milioni di dollari a lanciare tre o quattro satelliti, come è stata finora la tecnologia della Nasa, della Cina, dell’Europa, è uno spreco pazzesco: quel razzo deve tornare. I suoi tecnici gli hanno spiegato più volte perché non si poteva fare, ma lui ha sempre replicato che dal punto di vista razionale, economico, ambientale, andava fatto. E aveva ragione”.
“Quando il famoso razzo alto come un palazzo di tredici piani è esploso, da noi hanno gridato al fallimento. Invece i tecnici americani hanno detto: è stato in volo sette secondi, e in quel tempo abbiamo capito moltissime cose, quindi è stato un successo”.
“I temi della sicurezza che da noi si usano per opporsi a Starlink sono baggianate. La sicurezza la si salvaguarda con le crittografie. E poi, la nostra sicurezza la affideremmo ai francesi invece che agli americani? Non usufruire della tecnologia americana sarebbe follia. Poi se l’Europa inventerà qualcosa di meglio, allora cambieremo”.
“I sovranisti dell’ultima mezzora? Sono dei pecoroni. Un esempio: una settimana dopo l’incontro Zelensky-Trump è stata colpita dai missili russi una zona di addestramento di soldati ucraini, sono morte 40 reclute. Ed è successo perché un recluta cretina aveva fatto un post su TikTok, lasciando una traccia grazie alla quale i russi hanno individuato quel poligono. Questo per dire che in ogni istante ogni europeo, ogni italiano, ogni sovranista sta concedendo informazioni, dati, localizzazione ai server di grandi organizzazioni internazionali: per il 90% sono americane per il 10% sono cinesi e per lo 0% sono europee. L’ultimo tentativo europeo è stato militare, francese, con un sistema chiuso di cui ancora stanno pagando i debiti. Noi siamo il popolo della burocrazia, che riesce soltanto a regolare le grandi innovazioni e le grandi invenzioni di americani e cinesi: pensare di esercitare un sovranismo sui satelliti è una cosa da matti”.
“Ho molti dubbi su questi 800 miliardi del riarmo, perché sono gli stessi 800 miliardi che servivano per fare il new green deal. Il principio di un esercito è molto più sano per l’Europa di quanto lo sia la decarbonizzazione, perché questi eserciti purtroppo servono, ma il punto fondamentale è che stiamo buttando miliardi senza sapere a chi, né chi comanda, né per fare che cosa”.
“Le sette grandi aziende della tecnologia (di cui Musk non fa parte) sono state sempre grandi finanziatrici e collaboratrici dei governi democratici; ma hanno capito che con Trump non si scherza e hanno fatto quello che fanno le aziende in tutto il mondo, cioè di cambiare idee politiche alla velocità della luce: sono semplicemente transitate da una sponda all’altra. I nostri intellettuali, quindi, dovrebbero riflettere sul fatto che gli imprenditori che loro pensavano così sobri, sani, puliti e carini, alla fine si sono rivelati degli opportunisti”.
“E ci sono delle ragioni: le grandi aziende tecnologiche hanno un punto debole che si legge poco sui giornali: investono gran parte degli utili in una specie di “safe haven”, di paradiso sicuro, che non è né gli Stati Uniti né l’Europa. Sono utili all’estero non tassati, in una specie di sospensione di imposta, e sanno che se qualcuno dei presidenti americani intervenisse su quel malloppo per loro sarebbero guai finanziari. Le armi degli Stati sono regolamentazione e tassazione…”.
“Se un’azienda privata che fornisce informazioni e comunicazioni potesse sembrare agli occhi dell’opinione pubblica come manovrabile da un governo, non venderebbe più una parabola a nessuna istituzione del mondo. Funzionerebbe così anche se si avesse l’idea che è tutto controllato e deciso da parte dell’amministrazione americana. Perché perché non compriamo apparati cinesi? Perché sappiamo che li controlla il partito comunista, non possiamo fidarci. Musk sa benissimo che in questo contesto competitivo Starlink non deve sembrare, tantomeno essere una propaggine dell’esecutivo americano. E infatti non ha mai spento il sistema Starlink agli ucraini, non li ha mai accecati, tranne una volta, su ordine di Joe Biden, quando gli ucraini volevano bombardare la Crimea, un territorio russo che non era in discussione”.
“Elon Musk non è un politico. Sta facendo politica ora, e sta dando una botta pazzesca alla burocrazia americana per ridurre l’enorme debito pubblico americano, in questo somiglia a Milei. Ma non la farà in futuro. E il sodalizio con Trump non durerà per sempre, perché Trump è un uomo pragmatico che pensa a gestire il suo potere; mentre Musk è pragmatico sul suo business, ma è anche talmente idealista, talmente sfidante nei suoi obiettivi che per lui esiste solo il poter fare. Musk pensa a Marte”.