Gratta gratta, è una Piazza per l’Europa contro gli Usa
Giovanni Sallusti · 11 Marzo 2025
Cari ascoltatori, oggi è emerso chiaramente che cos’è la grande piazza convocata il 15 marzo da Repubblica tramite un editoriale della sua firma Michele Serra, attorno alla quale si sta coagulando il mondo radical-progressista, la vecchia bolla intellettual-mediatica in irreversibile ritardo sulla storia. È emerso chiaramente che, prima che una piazza per l’Europa (che comunque sarebbe per l’euroburocrazia) è una piazza contro l’America.
Notiamo intanto che Serra ha invitato a portare solo bandiere europee, sottolineando ancora una volta la cancellazione delle identità nazionali, della loro storia e della loro civiltà, in cambio di un’entità dirigista e parasovietica come è l’Unione europea. Ma la cosa più notevole è che costoro, le anime belle, in verità finiscono con l’essere i primi sostenitori di Donald Trump, che adorano perché ha permesso loro di tornare ai vecchi vizi, al richiamo della foresta della loro gioventù, cioè all’antiamericanismo: grazie a Trump hanno riscoperto nello zio Sam il nemico imperialista, l’idolo polemico delle loro carriere intellettuali. Nella doppia paginata di Repubblica che lancia questo evento parlando di pluralità, potete trovare il bel mondo della sinistra (e solo quello), da Walter Veltroni a Nicola Fratoianni, e indizi concettuali piuttosto chiari: tipo Annalisa Cuzzocrea, la penna radical di appoggio a Michele Serra, che intervista la scrittrice Donatella Di Pietrantonio vincitrice del premio Strega 2024 con “L’età fragile”: in pratica la trascrizione di un collettivo antiamericano degli anni ‘70.
“Questo è forse, nella Storia, uno dei momenti in cui ha più senso un’iniziativa del genere. Perché da varie parti del mondo, ma soprattutto da Stati Uniti e Russia, arrivano posizioni che veramente ci lasciano interdetti, a volte scioccati per la violenza con cui si manifestano”, risponde la scrittrice alla domanda sul perché “è necessario alzare la voce e dirsi europei proprio adesso”. Gli Stati Uniti, la più grande democrazia liberale, viene messa sullo stesso piano della Russia putiniana, dove gli oppositori finiscono nei gulag dell’Artico, non scrivono in prima pagina sul New York Times.
Ma il furore antiamericano della Cuzzocrea è anche più surreale di quello dell’intervistata: “Sembrano essere in pericolo i valori democratici in cui siamo cresciuti, attaccati dall’esterno, dalla Russia e ora dagli Stati Uniti che fomentano il ritorno dei fascismi”. Sta davvero parlando del Paese che nel ‘900 ha combattuto tutti i totalitarismi, ci ha liberato dal nazifascismo e protetto dal comunismo. L’America è la nazione la cui bandiera dovrebbe essere nelle piazze il 25 aprile, le sue armate sono state i veri liberatori, e per la stessa conformazione del suo sistema costituzionale, politico, culturale non può contemplare alcun fascismo, che invece la anime belle vedono non appena a vincere le elezioni sono i repubblicani.
Sarà un caso che la Di Pietrantonio dica che la casa comune europea è l’antidoto agli autoritarismi, mentre in Romania il candidato di destra alle elezioni nazionali Calin Georgescu è stato espulso dal gioco democratico, con un atto che, al contrario, sembra giusto un filo autoritario…
Michele Serra nel suo editoriale insiste, e dice che la democrazia è in pericolo perfino laddove la consideravamo inestirpabile, nel paese di George Washington e di Abraham Lincoln. E anche qui non ci siamo, perché l’amministrazione Usa governa perché ha stravinto le elezioni in tutti gli Stati contesi, ha il favore del popolo americano, incarna uno spirito del tempo americano. Ma tutto questo per costoro è fascismo, perché anche quando vanno in piazza per l’Europa, e seppur abbelliti, riverniciati, accomodati in poltrone comode dopo carriere luminose, sono e rimangono profondamente antiamericani.