Come da molti anni non si stanca di rilevare il professor Stefano Moroni (del Politecnico di Milano), chi acquisisce la facoltà di pianificare il suolo prima o poi conquista il potere di pianificare ogni cosa, dato che tutto quanto facciamo poggia in qualche modo sulla terra. Proprio per questa ragione dovremmo essere consapevoli dei rischi che stiamo correndo con la nuova normativa Ue sul Ripristino della natura, che ora è stata sbloccata dopo molti mesi di tensioni tra le varie forze politiche e che comunque è ancora tanto avversata da vari Paesi europei (tra cui l’Italia stessa).
L’idea di fondo è riportare il Vecchio Continente grosso modo a com’era prima delle bonifiche condotte dai benedettini e prima di quel processo d’incivilimento che ha creato giardini e coltivazioni dove un tempo c’erano foreste, acquitrini e siepi selvatiche. Quella che nelle intenzioni dei legislatori si vorrebbe preservare è la cosiddetta “biodiversità”, anche se ciò dovesse comportare enormi difficoltà di ogni genere alla popolazione (e non soltanto dal punto di vista economico).
Questo progetto sta avanzando tra mille ostacoli perché non sono in pochi a comprendere che imporre ad agricoltori e proprietari il ripristino di aree umide (inizialmente l’idea era di delineare una politica agricola comune con il 4% di aree non produttive!) può suscitare resistenze più che legittime. Anche qui come nella circostanza della “casa verde” gli eco-statalisti di Bruxelles indietreggiano però di un passo soltanto per poi poter procedere più velocemente. Non si creda, infatti, che le recenti concessioni al fatto che queste aree dovranno essere incentivate dagli Stati segnino un cambiamento di rotta: si tratta soltanto di Realpolitik e tatticismo.
Il progetto ambientalista messo in cantiere aiuta a capire in quale guaio siamo finiti, anche perché ci dice come i nuovi pianificatori della nostra esistenza non intendano usare soltanto il catastrofismo del riscaldamento globale. Stavolta, in effetti, la pretesa origine antropica dei mutamenti climatici non c’entra nulla ed è su altre questioni scientifiche o presunte tali che si basa la pianificazione territoriale dell’intera Ue. A preoccupare il legislatore e l’insieme dei movimenti verdi che s’agitano sulla scena pubblica è infatti il declino delle popolazioni di insetti impollinatori. Oltre a ciò, molti paiono inquieti per il ridursi della biodiversità dei sistemi agricoli e forestali. Ovviamente tutto questo non ha molto a che fare con il progetto di piantare (a spese dell’ignaro eurocontribuente) ben tre miliardi di nuovi alberi, ma chi può dirsi contro una prospettiva tanto poetica?
Prendiamone atto: l’ideologia ambientalista è oggi potentissima sul piano mediatico, è in grado di moltiplicare la capacità di governo delle élite politiche e, infine, riesce a generare vorticosi movimenti di risorse (dove troveremo ad esempio tutte quelle piante? chi le venderà ai governi?) che fatalmente pongono in essere un’economia parassitaria destinata a rafforzare sempre più lo scenario attuale, come la vicenda delle energie alternative ha mostrato con tragica evidenza.
L’ultimo eurodelirio degli eco-statalisti è riportare le paludi dove c’è la civiltà
Carlo Lottieri · 24 Agosto 2024
Come da molti anni non si stanca di rilevare il professor Stefano Moroni (del Politecnico di Milano), chi acquisisce la facoltà di pianificare il suolo prima o poi conquista il potere di pianificare ogni cosa, dato che tutto quanto facciamo poggia in qualche modo sulla terra. Proprio per questa ragione dovremmo essere consapevoli dei rischi che stiamo correndo con la nuova normativa Ue sul Ripristino della natura, che ora è stata sbloccata dopo molti mesi di tensioni tra le varie forze politiche e che comunque è ancora tanto avversata da vari Paesi europei (tra cui l’Italia stessa).
L’idea di fondo è riportare il Vecchio Continente grosso modo a com’era prima delle bonifiche condotte dai benedettini e prima di quel processo d’incivilimento che ha creato giardini e coltivazioni dove un tempo c’erano foreste, acquitrini e siepi selvatiche. Quella che nelle intenzioni dei legislatori si vorrebbe preservare è la cosiddetta “biodiversità”, anche se ciò dovesse comportare enormi difficoltà di ogni genere alla popolazione (e non soltanto dal punto di vista economico).
Questo progetto sta avanzando tra mille ostacoli perché non sono in pochi a comprendere che imporre ad agricoltori e proprietari il ripristino di aree umide (inizialmente l’idea era di delineare una politica agricola comune con il 4% di aree non produttive!) può suscitare resistenze più che legittime. Anche qui come nella circostanza della “casa verde” gli eco-statalisti di Bruxelles indietreggiano però di un passo soltanto per poi poter procedere più velocemente. Non si creda, infatti, che le recenti concessioni al fatto che queste aree dovranno essere incentivate dagli Stati segnino un cambiamento di rotta: si tratta soltanto di Realpolitik e tatticismo.
Il progetto ambientalista messo in cantiere aiuta a capire in quale guaio siamo finiti, anche perché ci dice come i nuovi pianificatori della nostra esistenza non intendano usare soltanto il catastrofismo del riscaldamento globale. Stavolta, in effetti, la pretesa origine antropica dei mutamenti climatici non c’entra nulla ed è su altre questioni scientifiche o presunte tali che si basa la pianificazione territoriale dell’intera Ue. A preoccupare il legislatore e l’insieme dei movimenti verdi che s’agitano sulla scena pubblica è infatti il declino delle popolazioni di insetti impollinatori. Oltre a ciò, molti paiono inquieti per il ridursi della biodiversità dei sistemi agricoli e forestali. Ovviamente tutto questo non ha molto a che fare con il progetto di piantare (a spese dell’ignaro eurocontribuente) ben tre miliardi di nuovi alberi, ma chi può dirsi contro una prospettiva tanto poetica?
Prendiamone atto: l’ideologia ambientalista è oggi potentissima sul piano mediatico, è in grado di moltiplicare la capacità di governo delle élite politiche e, infine, riesce a generare vorticosi movimenti di risorse (dove troveremo ad esempio tutte quelle piante? chi le venderà ai governi?) che fatalmente pongono in essere un’economia parassitaria destinata a rafforzare sempre più lo scenario attuale, come la vicenda delle energie alternative ha mostrato con tragica evidenza.
Autore
Carlo Lottieri
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