Elon Musk ha rotto i tabù del pensiero unico: per questo è odiato da quelli che odiano la libertà

· 17 Agosto 2024


Elon Musk genera insofferenza e dà fastidio ai progressisti di tutto il mondo. Non si tratta di semplice avversità alle sue idee, ma di qualcosa di più profondo. Musk ha infatti avuto il merito di rompere un giocattolo molto ben costruito, di svelarne i meccanismi di funzionamento, di mostrare a tutti che il re era nudo e che le “magnifiche e progressive” sorti dell’umanità futura (che alcuni vorrebbero post-umana) erano e sono contendibili. Il tutto in nome del più antico principio liberale, che i tempi avevano reso alquanto desueto e che è invece impresso a caratteri indelebili, a futura memoria, nel primo emendamento della Costituzione americana: la libertà di espressione, il free speech, la liberté de plume di voltairiana memoria. E poco importa che oggi l’inchiostro sia costituito dai byte che transitano sui nostri computer e che le regole della grammatica e della sintassi siano nei programmi con cui accediamo a quel mondo virtuale che è spesso più reale della realtà in atto. Programmi che ci impongono un mondo e le sue regole, entro cui solo possiamo giocare.

Musk ha avuto il merito di dirci che quelle regole non erano nulla di dato, oggettivo, ma il risultato di scelte precise che si giocano a un livello profondo, cioè a livello di algoritmi. Egli ci ha anche mostrato come quel mondo, saldamente in mano ai progressisti woke, era sapientemente da loro occultato. E che anzi, controllando i processi alla radice, la loro insistenza sulle fake news e le disinformazioni non era che un’ arma di distrazione di massa, un meccanismo per spostare a valle una battaglia che invece avrebbe dovuto svolgersi a monte.

Musk ci ha detto che la battaglia per il potere, così come la battaglia per la libertà (che è sempre ad essa connessa), si svolge oggi a livello di algoritmi. E che il potere può essere smascherato e temperato solo se esiste un contropotere che si oppone al primo e che al primo impone moderazione e trasparenza: Musk ha reso pubblici i criteri che presiedono al suo social, mentre ha smascherato la faziosità pro dem di un motore di ricerca come Google che tanto indirizza, attraverso le informazioni che ci porge, il nostro modo di vedere e leggere il mondo. Se il vecchio Twitter era arrivato all’assurdo di bloccare il profilo di un presidente americano, espressione ancora oggi di una ampia e maggioritaria parte dell’opinione pubblica nazionale, il nuovo X non solo gli ha restituito la parola ma lo ha addirittura ospitato in una lunga e seguitissima (altro che flop comunicativo!) conversazione a ruota libera con Musk stesso.

In definitiva, può dirsi che quelle richiamate con la sua azione da Musk sono le classiche “ricette” liberali: scetticismo metodologico, anticonformismo, pluralismo contro ogni sorta di “pensiero unico” e totalizzante. Il proprietario di Tesla e Space X ci ha fatto capire che della bussola liberale abbiamo ancora bisogno, oggi più che mai: oggi che il “pensiero unico” si traveste e ci si presenta sotto le mentite spoglie della “inclusività” e della “non discriminazione”; oggi che la Tecnica sembra mettere in questione il nostro stesso modo di essere e stare al mondo. L’insofferenza per Musk è l’insofferenza per la libertà.


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