OCCHIO: LA RIFORMA NORDIO FA BENE ANZITUTTO AI MAGISTRATI. QUELLI CHE NON FANNO POLITICA…

· 31 Maggio 2024


Non lasciatevi ingannare da chi griderà al complotto. Non fidatevi dei partiti di opposizione che strepiteranno sulla “deriva orbaniana” dell’Italia. E non date ascolto ai magistrati politicizzati che diranno che scopo recondito del governo è di mettere sotto controllo la magistratura, di scalfirne l’indipendenza. Ecco, se proprio dovete ascoltare qualcuno, ascoltate voi stessi, usate la vostra testa, meglio se dopo aver letto i classici del liberalismo e del costituzionalismo moderno, a cominciare da Montesquieu ovviamente.

In effetti, il disegno di legge costituzionale di riforma dell’ordinamento giudiziario varato mercoledì scorso in Consiglio dei ministri è da considerarsi un primo, significativo passo per allineare il nostro sistema di poteri a quello di uno Stato di diritto. Ciò è necessario perché col tempo si è creato un sistema malato che, approfittando di alcune e comprensibili smagliature presenti nella Carta costituzionale, ha permesso a una parte dei magistrati (in primis quelli iscritti a Magistratura Democratica) di usare il loro potere non per garantire verità e giustizia ad ogni cittadino ma per favorire una parte politica a discapito delle altre. A tal fine, non si è esitato a torcere il sistema verso una concezione sostanzialista e non liberale e formale del diritto. È l’idea, già togliattiana, di una “democrazia progressiva”, cioè di una democrazia che, con un’azione dall’interno, sarebbe gradualmente sfociata nel socialismo. Pur di realizzare i loro obiettivi, siffatti magistrati hanno rovinato vite umane, spezzato carriere, accusato innocenti, creato teoremi rivelatisi insussistenti. E non hanno esitato, dopo aver fatto non pochi danni, a passare direttamente alla politica, in un sistema di “porte girevoli”, quasi a voler sancire questa loro onnipotenza.

Si tratta, quindi, di evitare tutto ciò, confermando quell’assoluta autonomia di magistratura e politica nelle loro rispettive sfere che è propria degli Stati liberali. Bisogna garantire prima di tutto i cittadini, spesso vittime di una giustizia malata. Si tratta poi di ridare responsabilità ai magistrati, non ponendoli al di sopra delle leggi e rendendoli giudicabili per il loro operato, come lo è qualunque cittadino. E occorre, non ultimo, garantire quegli stessi di loro, la stragrande maggioranza, che, fieri non solo a parole della loro indipendenza, sono a loro volta vittime delle minoranze organizzate e politicizzate che hanno preso col tempo il sopravvento all’interno della corporazione. La riforma Nordio, con la separazione delle carriere fra magistrati inquirenti e giudicanti, con la creazione di organi di controllo scelti tramite sorteggio, e con tanti altri piccoli accorgimenti di questo tipo, si muove in questa direzione. La stessa figura del Ministro, liberale e galantuomo d’altri tempi, garantisce in tal senso. La politica fino ad oggi non aveva avuto il coraggio di opporsi alla più potente delle caste. E spesso si era dimostrata tanto poco lungimirante da fare da sponda alla magistratura quando colpiva gli avversari politici. Fino ad essere ripagata con la stessa moneta da loro.

Tolto il rumore di fondo che accompagnerà il varo della riforma, quel che resterà sarà un passo avanti dell’Italia verso la normalità democratica. Un passo epocale.


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