Salva-Casa, autonomia, lotta alle Eurofollie. Cari gufi, vi tocca rimandare il funerale della Lega

· 27 Maggio 2024


Fondamentalmente, ci sono due modi di misurare lo stato di salute di un partito. Uno consiste nell’orecchiare quel che si dice nella Bolla, l’acquario professionale dove sguazzano giornaloni, intellettualini, sondaggisti affetti da strabismo interessato e conduttori di talk che suonano l’allarme fascismo in prima serata. La prova irreversibile che non è un buon metodo l’avete dal fatto che per tutti costoro il Pd a guida Elena Ethel Schlein, imperniato sulla lotta dura alle desinenze patriarcali e sulla lotta durissima alle emissioni, quindi all’economia e alla vita reali, sarebbe un partito sulla cresta dell’onda (quando non è nemmeno il più attivo all’opposizione, ampiamente surclassato dall’avvocato Conte, non propriamente De Gasperi).

Oppure, esiste un modo un filo più rispettoso di decenni di riflessione politologica, per diagnosticare il momentum di un partito. Più o meno, consiste nell’individuare risposte a domande come le seguenti. Questo gruppo politico ha una visione del mondo, della società, della propria nazione? Sta adottando iniziative, incassando risultati concreti, incalzando governi di cui fa parte, in modo coerente con detta visione? Sta imponendo o subendo una visione di Paese? Insomma, questo partito sta mostrando “virtù” in senso machiavelliano, virtù strategico-operativa, non moralistica, che è poi il vero termometro della politica? Ebbene, per quanto il mainstream (peraltro faziosissimo) ci possa accusare di faziosità, se riferita al caso della Lega la risposta non può che essere: “Sì”. È la semplice cronaca degli ultimi giorni. Il Piano Salva-Casa approvato in Consiglio dei ministri, che giustamente Salvini ha definito “culturalmente una rivoluzione liberale” (e non è colpa sua se chi di quella parola d’ordine dovrebbe essere erede, vedi il senatore di Forza Italia Fazzone, lo aveva definito impossibile fino al giorno prima). In ogni caso, una benefica operazione di sburocratizzazione e di scongelamento di una buona fetta del patrimonio immobiliare degli italiani che era sequestrato dall’ipertrofia normativa nazionale, che non di rado pare somigliare a un incubo ricorrente di Kafka. Citiamo solo la semplificazione del cambio di destinazione d’uso e la fine della follia del silenzio-rigetto da parte dell’Amministrazione pubblica, capovolto nel suo contrario civile, il silenzio-assenso, per mostrare quanto dietro il provvedimento si annidi una visione del mondo. Sì, è una visione in buona parte “liberale”, corrispondente alle esigenze dei ceti produttivi e alle istanze della maggioranza silenziosa, operosa, di quella piccola e media borghesia che è il core business elettorale della Lega e del centrodestra.

Non solo: è di pochi giorni fa la posa del primo cassone della nuova Diga foranea di Genova, che sarà la più profonda in Europa nonché il più grande intervento di potenziamento della portualità italiana, destinato a fare del capoluogo ligure il vero hub logistico per il commercio continentale. Un’opera fortemente voluta dal ministro delle Infrastrutture e dal suo vice Rixi (genovese, oltre che leghista), che si sono presentati alla cerimonia di posa nonostante il circo mediatico-giudiziario che imperversa in Liguria dal giorno dell’arresto di Toti (altri pezzi del puzzle governativo sono stati un filo più rintanati, diciamo). Salvini ha ricordato “la fame di infrastrutture e di sviluppo, di crescita e di modernità” della regione e del Paese, ed è una precisa linea politica, opposta al declinismo paragretino e alla decrescita grillina. C’è poi l’autonomia che cammina in Parlamento (anche qui, nonostante qualche incomprensibile freno a mano tirato da Forza Italia), l’autonomia come punto d’arrivo di una storia, che sarà il più concreto risultato contro il Moloch centralista strappato in quarant’anni di Lega, altro che il Nord dimenticato di cui si ciancia nella Bolla (la quale è sempre stata nemica del Nord in quanto amica dello Stato-mamma, peraltro). Infine, c’è tutta una serie di urgenze della contemporaneità, tra cui l’irritazione sempre più diffusa per Eurofollie come la casa green o l’auto elettrica imposte per direttiva, su cui la Lega è posizionata nitidamente, più anche dei soci di coalizione (il No a Ursula è No alle Eurofollie, di fondo), e forse non a caso la prima pagina del Giornale Unico progressista una volta su due titola contro la Lega. La cui salute nella realtà è oggettivamente altra cosa dalla sua rappresentazione mediatica. Tanto che perfino alcuni sondaggisti, i più furbi, quelli che non vogliono essere beccati in castagna, iniziano a buttarlo là. Alla faccia del partito in crisi.


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *




Radio Libertà

Background