Lo scorso 8 marzo 2025, l’European Centre for Law and Justice, ong impegnata alla promozione e alla protezione dei diritti umani e organo consultivo speciale presso le Nazioni Unite, aveva pubblicato un rapporto circa l’esistenza di lobby che premono per liberalizzare o anche solo regolamentare la prostituzione in Europa.
A oggi, in Europa convivono cinque modelli principali di trattamento normativo della prostituzione: proibizionismo, legalizzazione (o regolamentazione), liberalizzazione, abolizionismo e neo-abolizionismo.
La prostituzione è rimasta totalmente illegale per lo più negli stati dell’Est Europa e in quelli balcanici. Solo in Olanda è stata liberalizzata, cioé trattata al pari di qualunque altra professione, mentre è stata regolamentata in Paesi come Germania, Austria, Grecia e Svizzera. In alcuni Paesi europei si è invece deciso di adottare un modello normativo detto abolizionista. Secondo tale modello, il mercato della prostituzione può essere efficacemente contrastato – “abolito” – restando semplicemente indifferenti alle vicende che lo riguardano. Nessuna regolamentazione, ma neanche nessuna sanzione per chi effettua e per chi riceve la prestazione, se non in caso di attività collaterali quali favoreggiamento, induzione, reclutamento per persuasione o coercizione, sfruttamento economico da parte dei “papponi”, fondazione e gestione di bordelli, e altre attività simili. Questo modello normativo è maggioritario. Lo troviamo per esempio in Italia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Finlandia, Danimarca, Polonia, Romania, Bulgaria, Serbia. Per quanto riguarda l’Italia, sta già facendo discutere l’introduzione di un codice Ateco destinato alle escort e ai prestatori di “servizi sessuali”: si può ancora parlare di abolizionismo in questo caso?
Comunque sia, abbiamo infine il modello neo-abolizionista, applicato in stati come Francia, Svezia e Irlanda. In questo caso viene punito solo il cliente, non il prestatore.
All’interno del summenzionato rapporto, emergono alcuni dati molto interessanti. Nel luglio 2024, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, respingendo il caso M.A. and Others v. France, aveva affermato la “legittimità etica” e l’efficacia del modello neo-abolizionista francese per contrastare la piaga del traffico di vite umane e quello sessuale. Nell’ottobre 2024, il Consiglio Europeo (PACE) si era però mosso in favore di una diffusa decriminalizzazione della prostituzione tra i Paesi membri con il fine di “proteggere i diritti umani e migliorare le vite dei lavoratori sessuali e delle vittime di sfruttamento sessuale”, ma tale progetto fu abbandonato a causa di una forte mobilitazione contraria, sia da parte del mondo politico sia da parte del mondo civile ed intellettuale europeo.
All’interno del rapporto, si legge dell’esistenza di lobby che spingono alla decriminalizzazione e alla regolamentazione in tutta Europa, probabilmente su modello tedesco. Queste lobby sono tutte più o meno finanziate dalla famigerata Open Society Foundations di George Soros.
Tra gli argomenti addotti a favore della regolamentazione troviamo l’idea secondo cui la prostituzione sarebbe “un lavoro come un altro”, il diritto della donna (o dell’uomo, nel caso dei gigolò) a fare del proprio corpo ciò che più preferisce, e la convinzione per cui più si penalizza un servizio o un prodotto e più lo si consegna nelle mani della criminalità. Sebbene i conservatori non possono trovarsi d’accordo con questi argomenti, tuttavia – per ragioni diverse – dovrebbero anche loro sostenere il superamento del proibizionismo e dell’abolizionismo.
Partiamo da una premessa di ordine morale: il mercato della prostituzione è oggettivamente equiparabile agli altri mercati? Su questo punto, i conservatori (ma anche chi scrive) è in disaccordo con la maggioranza di coloro che sostengono la decriminalizzazione. Dal diritto innato della proprietà del corpo (in cui credono tutti coloro che si dicono liberali), da cui discende certamente anche la libertà di usarlo come più si ritiene opportuno, non deriva però anche il diritto a usarlo come più si ritiene. Il diritto, infatti, ha a che fare con l’ordine e il fine, mentre la libertà riguarda il mezzo per raggiungere tale fine.
Ora, la prostituzione nega la “sacralità” della dimensione sessuale. Si badi bene: non si intende dare nessuna accezione confessionale a questo termine. La sessualità è sacra perché è ciò che permette ad ogni essere umano di unirsi a un’altra persona nella maniera più intensamente emotiva, fisica e mentale possibile, con l’esito potenziale di generare una vita simile alla propria, eppure così diversa e autonoma. Invece di essere un’espressione di intima connessione, la prostituzione riduce la sessualità a uno sfogo egoistico o a un mezzo di guadagno facile e, molto spesso, disperato.
Dal punto di vista pragmatico, dunque, quale dei suddetti modelli normativi è il migliore? La risposta a tale domanda deve considerare il fine che la norma vuole raggiungere. Migliore per ottenere cosa? Per un conservatore, l’obiettivo cui la norma deve tendere dovrebbe avere a che fare con quattro punti: (1) il contrasto del traffico di esseri umani; (2) la possibilità per i prestatori sessuali di riscattarsi socialmente, cioé di smettere di compiere un’attività che, a prescindere, sarà sempre e comunque istintivamente stigmatizzata dalla società; (3) le garanzie di tipo sanitario e legale per chi viene coinvolto nella prestazione; (4) la riduzione complessiva dell’esercizio e della fruizione della prostituzione.
Una volta posti questi paletti, bisogna riconoscere che il proibizionismo è inefficace e dannoso. La maggioranza delle prostitute proviene da Paesi dove è la pratica è illegale. L’interdizione non elimina l’attività, ma la spinge nella criminalità o in contesti più permissivi. Il proibizionismo nasce, infatti, dall’ipocrisia morale del legislatore, non dal desiderio di favorire il riscatto socio-economico delle prostitute. C’è poi il modello altrettanto sbagliato “alla olandese”. Lungi dal ridurre la tratta, l’Olanda ha semplicemente normalizzato la pratica, attirando frotte di turisti sessuali. L’effetto è il degrado estetico, la moltiplicazione di negozi di dubbio gusto, la riduzione della dignità della donna in quanto tale e l’esposizione oscena di materiale pornografico nei confronti di minori.
Il modello della Svizzera potrebbe rappresentare, invece, un’alternativa ragionevole ed efficace. La prostituzione è regolamentata e incanalata in strutture controllate e registrate. Le prostitute devono ottenere una licenza, sottoporsi a controlli sanitari regolari e rispettare specifiche normative fiscali e di sicurezza. Questo sistema ha il pregio di evitare la clandestinità e di garantire tutele per chi, volontariamente o meno, si trova coinvolto in questa attività.
Tale modello presenta numerosi vantaggi. In primo luogo, la prostituzione non diviene un’industria fiorente, con conseguente degrado socio-culturale di interi quartieri, come avviene per esempio ad Amsterdam. In secondo luogo, la registrazione delle prostitute e l’obbligo di operare solo in luoghi autorizzati sottrae le stesse al mercato criminale.
In terzo luogo, le prostitute che desiderano uscire dal giro trovano meno ostacoli rispetto a quelle che operano in un regime proibizionista o normalizzato. Infatti, laddove la prostituzione è proibita, molte donne temono di essere perseguite dalla legge e quindi evitano di denunciare situazioni di sfruttamento. Al contrario, la normalizzazione della prostituzione rende più difficile il reinserimento di chi vuole abbandonarla, poiché viene meno la distinzione netta tra questa attività e le professioni convenzionali. Il modello neo-abolizionista è parimenti destinato a fallire, perché anche trattare il cliente come un criminale spinge la prostituta nel mercato nero. Se i clienti temono le sanzioni, allora la prostituta, che comunque sarà interessata ad averne, si affiderà inevitabilmente a reti clandestine e protettori mafiosi.
Tuttavia, una regolamentazione efficace non può e non deve esaurirsi nell’azione dello stato. È cruciale il ruolo della società civile, in particolare delle associazioni caritative, delle chiese e di altre istituzioni laiche che si dedicano all’educazione morale e al recupero delle persone coinvolte nella prostituzione. La legge può garantire sicurezza e limiti, ma il vero riscatto passa attraverso il sostegno umano, la formazione e la possibilità di un’alternativa dignitosa. Non si costringe, ma si convince al bene.
Oltre il codice Ateco: per controllare la prostituzione guardiamo al modello svizzero
Gaetano Masciullo · 15 Aprile 2025
Lo scorso 8 marzo 2025, l’European Centre for Law and Justice, ong impegnata alla promozione e alla protezione dei diritti umani e organo consultivo speciale presso le Nazioni Unite, aveva pubblicato un rapporto circa l’esistenza di lobby che premono per liberalizzare o anche solo regolamentare la prostituzione in Europa.
A oggi, in Europa convivono cinque modelli principali di trattamento normativo della prostituzione: proibizionismo, legalizzazione (o regolamentazione), liberalizzazione, abolizionismo e neo-abolizionismo.
La prostituzione è rimasta totalmente illegale per lo più negli stati dell’Est Europa e in quelli balcanici. Solo in Olanda è stata liberalizzata, cioé trattata al pari di qualunque altra professione, mentre è stata regolamentata in Paesi come Germania, Austria, Grecia e Svizzera. In alcuni Paesi europei si è invece deciso di adottare un modello normativo detto abolizionista. Secondo tale modello, il mercato della prostituzione può essere efficacemente contrastato – “abolito” – restando semplicemente indifferenti alle vicende che lo riguardano. Nessuna regolamentazione, ma neanche nessuna sanzione per chi effettua e per chi riceve la prestazione, se non in caso di attività collaterali quali favoreggiamento, induzione, reclutamento per persuasione o coercizione, sfruttamento economico da parte dei “papponi”, fondazione e gestione di bordelli, e altre attività simili. Questo modello normativo è maggioritario. Lo troviamo per esempio in Italia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Finlandia, Danimarca, Polonia, Romania, Bulgaria, Serbia. Per quanto riguarda l’Italia, sta già facendo discutere l’introduzione di un codice Ateco destinato alle escort e ai prestatori di “servizi sessuali”: si può ancora parlare di abolizionismo in questo caso?
Comunque sia, abbiamo infine il modello neo-abolizionista, applicato in stati come Francia, Svezia e Irlanda. In questo caso viene punito solo il cliente, non il prestatore.
All’interno del summenzionato rapporto, emergono alcuni dati molto interessanti. Nel luglio 2024, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, respingendo il caso M.A. and Others v. France, aveva affermato la “legittimità etica” e l’efficacia del modello neo-abolizionista francese per contrastare la piaga del traffico di vite umane e quello sessuale. Nell’ottobre 2024, il Consiglio Europeo (PACE) si era però mosso in favore di una diffusa decriminalizzazione della prostituzione tra i Paesi membri con il fine di “proteggere i diritti umani e migliorare le vite dei lavoratori sessuali e delle vittime di sfruttamento sessuale”, ma tale progetto fu abbandonato a causa di una forte mobilitazione contraria, sia da parte del mondo politico sia da parte del mondo civile ed intellettuale europeo.
All’interno del rapporto, si legge dell’esistenza di lobby che spingono alla decriminalizzazione e alla regolamentazione in tutta Europa, probabilmente su modello tedesco. Queste lobby sono tutte più o meno finanziate dalla famigerata Open Society Foundations di George Soros.
Tra gli argomenti addotti a favore della regolamentazione troviamo l’idea secondo cui la prostituzione sarebbe “un lavoro come un altro”, il diritto della donna (o dell’uomo, nel caso dei gigolò) a fare del proprio corpo ciò che più preferisce, e la convinzione per cui più si penalizza un servizio o un prodotto e più lo si consegna nelle mani della criminalità. Sebbene i conservatori non possono trovarsi d’accordo con questi argomenti, tuttavia – per ragioni diverse – dovrebbero anche loro sostenere il superamento del proibizionismo e dell’abolizionismo.
Partiamo da una premessa di ordine morale: il mercato della prostituzione è oggettivamente equiparabile agli altri mercati? Su questo punto, i conservatori (ma anche chi scrive) è in disaccordo con la maggioranza di coloro che sostengono la decriminalizzazione. Dal diritto innato della proprietà del corpo (in cui credono tutti coloro che si dicono liberali), da cui discende certamente anche la libertà di usarlo come più si ritiene opportuno, non deriva però anche il diritto a usarlo come più si ritiene. Il diritto, infatti, ha a che fare con l’ordine e il fine, mentre la libertà riguarda il mezzo per raggiungere tale fine.
Ora, la prostituzione nega la “sacralità” della dimensione sessuale. Si badi bene: non si intende dare nessuna accezione confessionale a questo termine. La sessualità è sacra perché è ciò che permette ad ogni essere umano di unirsi a un’altra persona nella maniera più intensamente emotiva, fisica e mentale possibile, con l’esito potenziale di generare una vita simile alla propria, eppure così diversa e autonoma. Invece di essere un’espressione di intima connessione, la prostituzione riduce la sessualità a uno sfogo egoistico o a un mezzo di guadagno facile e, molto spesso, disperato.
Dal punto di vista pragmatico, dunque, quale dei suddetti modelli normativi è il migliore? La risposta a tale domanda deve considerare il fine che la norma vuole raggiungere. Migliore per ottenere cosa? Per un conservatore, l’obiettivo cui la norma deve tendere dovrebbe avere a che fare con quattro punti: (1) il contrasto del traffico di esseri umani; (2) la possibilità per i prestatori sessuali di riscattarsi socialmente, cioé di smettere di compiere un’attività che, a prescindere, sarà sempre e comunque istintivamente stigmatizzata dalla società; (3) le garanzie di tipo sanitario e legale per chi viene coinvolto nella prestazione; (4) la riduzione complessiva dell’esercizio e della fruizione della prostituzione.
Una volta posti questi paletti, bisogna riconoscere che il proibizionismo è inefficace e dannoso. La maggioranza delle prostitute proviene da Paesi dove è la pratica è illegale. L’interdizione non elimina l’attività, ma la spinge nella criminalità o in contesti più permissivi. Il proibizionismo nasce, infatti, dall’ipocrisia morale del legislatore, non dal desiderio di favorire il riscatto socio-economico delle prostitute. C’è poi il modello altrettanto sbagliato “alla olandese”. Lungi dal ridurre la tratta, l’Olanda ha semplicemente normalizzato la pratica, attirando frotte di turisti sessuali. L’effetto è il degrado estetico, la moltiplicazione di negozi di dubbio gusto, la riduzione della dignità della donna in quanto tale e l’esposizione oscena di materiale pornografico nei confronti di minori.
Il modello della Svizzera potrebbe rappresentare, invece, un’alternativa ragionevole ed efficace. La prostituzione è regolamentata e incanalata in strutture controllate e registrate. Le prostitute devono ottenere una licenza, sottoporsi a controlli sanitari regolari e rispettare specifiche normative fiscali e di sicurezza. Questo sistema ha il pregio di evitare la clandestinità e di garantire tutele per chi, volontariamente o meno, si trova coinvolto in questa attività.
Tale modello presenta numerosi vantaggi. In primo luogo, la prostituzione non diviene un’industria fiorente, con conseguente degrado socio-culturale di interi quartieri, come avviene per esempio ad Amsterdam. In secondo luogo, la registrazione delle prostitute e l’obbligo di operare solo in luoghi autorizzati sottrae le stesse al mercato criminale.
In terzo luogo, le prostitute che desiderano uscire dal giro trovano meno ostacoli rispetto a quelle che operano in un regime proibizionista o normalizzato. Infatti, laddove la prostituzione è proibita, molte donne temono di essere perseguite dalla legge e quindi evitano di denunciare situazioni di sfruttamento. Al contrario, la normalizzazione della prostituzione rende più difficile il reinserimento di chi vuole abbandonarla, poiché viene meno la distinzione netta tra questa attività e le professioni convenzionali. Il modello neo-abolizionista è parimenti destinato a fallire, perché anche trattare il cliente come un criminale spinge la prostituta nel mercato nero. Se i clienti temono le sanzioni, allora la prostituta, che comunque sarà interessata ad averne, si affiderà inevitabilmente a reti clandestine e protettori mafiosi.
Tuttavia, una regolamentazione efficace non può e non deve esaurirsi nell’azione dello stato. È cruciale il ruolo della società civile, in particolare delle associazioni caritative, delle chiese e di altre istituzioni laiche che si dedicano all’educazione morale e al recupero delle persone coinvolte nella prostituzione. La legge può garantire sicurezza e limiti, ma il vero riscatto passa attraverso il sostegno umano, la formazione e la possibilità di un’alternativa dignitosa. Non si costringe, ma si convince al bene.
Autore
Gaetano Masciullo
Opinione dei lettori